Ben Affleck ha dimostrato, negli ultimi anni, di avere un buon talento
come regista e lo ha fatto sfornando film solidi e convincenti, capaci
di coniugare le esigenze di spettacolarità del cinema hollywoodiano con
un attento scandaglio psicologico dei personaggi per evidenziarne le
fragilità più che le doti. Questo Argo, fresco di Oscar al
miglior film, è il suo lavoro più maturo e convincente: dramma storico
ispirato ad eventi reali che si muove sulla scia della grande tradizione
anni '70 del cinema socialmente impegnato a stelle e a strisce, quello
di Lumet e di Pakula. La storia è quella, arcinota, dell'attacco all'ambasciata americana di
Teheran da parte della folla inferocita, avvenuto nel novembre del 1979
durante la rivoluzione degli ayatollah. Il popolo iraniano chiedeva
conto e rivalsa della protezione offerta dagli USA allo Scià tiranno
Pahlavi, fuggito dal suo paese a causa della rivoluzione e rifugiatosi
in Occidente. Per oltre un anno circa 400 dipendenti dell'ambasciata
furono tenuti in ostaggio dagli iraniani, ma il film si sofferma sulla
vicenda di 6 persone (4 uomini e 2 donne) che riuscirono a fuggire di
nascosto e trovarono riparo clandestino presso i diplomatici canadesi.
La CIA mise in atto un piano ingegnoso, elaborato dall'agente Mendez
(Affleck) per liberare i 6 diplomatici: inscenare la realizzazione di un
falso film di fantascienza, Argo, far credere che i 6 fossero canadesi
membri della crew giunti in Iran per sopralluoghi tecnici sul territorio
e farli uscire dal paese mediorientale con l'aiuto di Mendez, mandato
laggiù in veste di "produttore". Con l'appoggio di Hollywood, l'aiuto
dell'ambasciata canadese ed il coraggio dei diretti interessati,
l'impresa riuscì. Ammirevole la direzione asciutta e concreta di Affleck regista, che fa
un film "classico", senza fronzoli, poco agiografico ma più che altro
interessato ai risvolti umani della vicenda, come il rapporto tra i 6
ostaggi ed il loro liberatore venuto "da lontano". Un film moderno che
però guarda all'antico, alla tradizione già citata ed a quei toni
autunnali e riflessivi più vicini alla sensibilità europea.
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