Storia
vera di Aileen Wuornos, una reietta originaria del Michigan, con un doloroso
passato alle spalle e una vita difficile dedita alla prostituzione occasionale.
Per difendersi da un cliente violento, che cerca di stuprarla dopo averla
selvaggiamente percossa, Aileen gli spara e lo uccide, iniziando così un
pericoloso percorso di follia omicida che la porterà a sfogare la sua rabbia
repressa su altre sei vittime, tutti clienti, assassinati dalla donna tra il
1989 ed il 1992. Il suo unico conforto, una relazione omosessuale iniziata con
la più giovane Selby, scappata di casa per stare con lei, non riuscirà a
salvarla da un atroce destino: l’arresto e la condanna a morte, eseguita tramite
iniezione letale nel 2002. Sordida vicenda di solitudine, disperazione e
degrado morale, ambientata in quella provincia americana così lontana, in tutti
i sensi, dall’iconografia “da cartolina” che da sempre accompagna l’America
delle grandi metropoli e che è ben radicata nell’immaginario collettivo. La
regista Patty Jenkins, che ha realmente conosciuto la vera Aileen Wuornos poco
prima della sua esecuzione, porta sullo schermo la storia della prima donna
“serial killer” d’America, affrontando la vicenda con sensibilità e compassione
e ricercandone le cause della violenza omicida in una vita di sofferenze e di
soprusi. Pur non assolvendo il suo personaggio, la regista cerca di
condividerne le colpe con una famiglia assente ed una società cinica,
ferocemente crudele nei confronti delle persone “diverse” e non omologate.
Tuttavia, nonostante il tentativo di mantenere sempre lucida l’analisi di una
materia così scottante, la pellicola risulta spesso troppo cauta, didascalica,
insabbiandosi a volte in un pavido schematismo. Per fortuna ci sono le due
interpreti femminili, entrambe bravissime e credibili, a risollevarne le sorti,
elevando l’opera sopra la media. Straordinaria la trasformazione fisica di
Charlize Theron, ingrassata ed imbruttita per l’occasione, encomiabile per la
sua completa adesione allo sgradevole personaggio di Aileen, a cui si è donata
anima e corpo, cercando sempre di mostrarne i lati oscuri e quelli teneri, la rabbiosa
violenza e le mille fragilità. Il risultato è una prova attoriale potente,
quasi sempre sopra le righe, ma indubbiamente sorprendente e meritevole di
tutti i premi ricevuti (Oscar, Golden Globe, Berlinale). Ma va lodata anche la
più sfumata performance di Christina Ricci nel ruolo di Selby, una fragile
ragazza lesbica di provincia, invisa dal suo ambiente familiare, che perde la
testa per la ribelle e “mascolina” Aileen. Nel loro rapporto intimo e nel mix
delle loro personalità, diverse ma complementari, c’è il cuore del film,
l’angolo emotivo in cui appartarsi per tener fuori la brutalità del mondo.
Voto:





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