domenica 22 ottobre 2023

Stranizza d'amuri (2023) di Giuseppe Fiorello

Nella torrida estate del 1982, in un piccolo paese dell'entroterra rurale siciliano, l'adolescente Nino si gode la bella stagione ed il regalo ricevuto per la promozione scolastica: un motorino che gli consente, per la prima volta, piena libertà di spostamenti. Primo figlio di una famiglia umile, affettuosa e laboriosa, che vive facendo fuochi d'artificio per le feste paesane, il nostro conosce per caso Gianni, suo coetaneo che abita in un centro vicino, dove viene bistrattato e umiliato da tutti per la sua reputazione di omosessuale. Tra i due ragazzi nasce subito un'affinità istintiva, che poi diventa solida amicizia, fino a trasformarsi in un sentimento diverso, travolgente e profondo, ma anche proibito e pericoloso nella retrograda Sicilia degli anni '80. Questo solare, romantico e drammatico coming-of-age, ambientato nell'estremo meridione d'Italia, segna l'esordio alla regia dell'attore catanese Giuseppe Fiorello detto Beppe, dopo un lungo ed attento lavoro di scrittura a cui egli stesso ha preso parte coadiuvato da Andrea Cedrola e Carlo Salsa. Il motivo di questa attenzione non è solo dovuto al fatto che l'oggetto del racconto è una storia d'amore gay in un rozzo contesto omofobo che vi si oppone ferocemente, ma, soprattutto, perchè l'ispirazione della vicenda è tratta da un reale tragico evento di cronaca avvenuto a Giarre nel 1980 e mai pienamente risolto dal punto di vista giudiziario. L'evento in questione ebbe un forte impatto sull'opinione pubblica dell'epoca e rappresentò una tappa di svolta fondamentale nella progressiva costruzione di una nuova sensibilità, tollerante e scevra da pregiudizi, in merito alla libertà dei rapporti di coppia e al diritto di vivere la propria sessualità come si ritiene più opportuno. Se è vero che, purtroppo, questo processo di sensibilizzazione è tutt'altro che terminato e che il problema della discriminazione omofoba esiste ancora oggi in vari strati della popolazione, bisogna anche ricordare che, proprio sull'onda della diffusa indignazione civile per i fatti di Giarre, il movimento di liberalizzazione omosessuale prese forza, assunse una nuova coscienza di sé e fece fondare a Palermo il primo centro Arcigay italiano. Fiorello si accosta a questa dolorosa vicenda con grande tatto e rispetto, evitando ogni forma di retorica, morbosità, moralismo e facile pietismo, ma scegliendo uno stile asciutto e misurato, senza abbellire e senza omettere, carico di tenerezza nei confronti dei due giovani protagonisti e sempre attento ad evitare la tentazioni di sermoni patetici o di populismo pedante. In segno di riverenza vengono cambiati i nomi dei personaggi, così come i luoghi (invero mai chiaramente esplicitati nel film), ma lo spirito, il senso, le atmosfere, i sentimenti e le ambientazioni dei fatti sono fedelmente rispettati. Forse l'unica vera concessione alla fiction romanzata è stata quella di spostare la vicenda di due anni in avanti, nell'estate magica e indimenticabile del 1982, mettendo come sfondo in contraltare la favolosa cavalcata della nazionale italiana di calcio che vinse i mondiali di Spagna contro ogni pronostico, facendo impazzire di gioia l'intera penisola. Una relazione amorosa divisiva collocata beffardamente in un momento di puro entusiasmo collettivo, che riuscì ad unire emotivamente tutti (da nord a sud), come per incanto e senza distinzioni di sorta. Con un registro tanto realistico quando delicato, l'autore realizza un'opera lodevole di grande impegno sociale e di netta indignazione morale, lasciando pudicamente fuori fuoco gli eccessi di violenza esplicita, pur senza mai rinunciare alla netta denuncia nei confronti di un arretrato contesto patriarcale atavico, rude, intollerante, ostile, discriminatorio e brutale. Ma la pellicola è anche un soave inno alla libertà, alla vita rurale, alla forza dei sentimenti spontanei, alla bellezza incosciente degli animi puri ed alla magia sognante dell'età giovanile, in cui ogni cosa sembra possibile e ogni desiderio appare realizzabile, prima di scontrarsi mestamente con la durezza della vita e con l'ottusità degli adulti che hanno scelto di rinunciare ai propri sogni. Il verismo dei luoghi e la pregnanza della ricostruzione d'epoca, in una Sicilia bellissima e selvaggia, che ammalia e che spaventa, senza però mai cadere nella decorazione da cartolina, fanno il resto. E non va dimenticata la bravura degli attori, quasi tutti autoctoni e poco conosciuti, in cui il personaggio più ricco di sfumature ambigue in chiaro scuro è la tormentata madre di Gianni, egregiamente interpretata da Simona Malato e che spicca su tutti insieme ai due ragazzi protagonisti (Samuele Segreto e Gabriele Pizzurro). Il film è espressamente dedicato a Giorgio Agatino Giammona ed Antonio Galatola (i veri Gianni e Nino del 1980) ed al grande e compianto cantautore Franco Battiato, mentore ed ispiratore di Giuseppe Fiorello per sua stessa ammissione. I più attenti conoscitori di musica d'autore italiana non potranno fare a meno di notare che il titolo stesso della pellicola è quello di una celebre canzone scritta da Battiato nel 1979.

Voto:
voto: 3,5/5

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