domenica 4 gennaio 2015

King Kong (King Kong, 1933) di Merian C. Cooper, Ernest B. Schoedsack

Negli anni della Grande Depressione americana il pittoresco regista Carl Denham convince la giovane Ann Darrow, attrice in cerca di successo, a seguirlo in un pericoloso viaggio a Skull Island, isola tropicale dalla sinistra fama, per girare un film d’avventura realistico ed estremo. L’obiettivo è risollevare le sue sorti finanziarie, ormai sull’orlo della bancarotta, ma, una volta giunti sull’isola, si troveranno di fronte un letale mondo perduto abitato da creature mostruose e dominato da Kong, un feroce gorilla gigantesco. La bestia cattura la bella Ann e se ne innamora, portandola nella sua tana. Gli uomini decidono allora di catturare la grande scimmia per portarla in America e sfruttarla come fenomeno da baraccone. Ma Kong, una volta giunto in catene a New York, riesce a liberarsi e va in cerca della “sua” Ann. Pietra miliare del cinema fantastico e grande successo commerciale, ha creato un’icona assoluta, il gorilla Kong, entrata prepotentemente nell’immaginario collettivo grazie agli stupefacenti effetti speciali in stop motion, assolutamente innovativi per l’epoca. Spettacolare revisione dell’antico tema de la bella e la bestia, ne estende l’ambito e la portata immaginifica con un efficace mix tra grande avventura esotica e critica al sistema capitalistico americano, che non esita a depredare un mondo, distruggendolo, per i suoi fini speculativi. Ha, ovviamente, perso forza ad una visione attuale perché i mirabolanti effetti visivi degli anni ’30 fanno sorridere lo smaliziato pubblico contemporaneo, ma ciò non ne attenua la forte valenza simbolica che si esplica in una sottile, ma conturbante, carica erotica rappresentata con allegorie oniriche. Ha consegnato ai posteri almeno una sequenza leggendaria, fonte d’ispirazione per tanto cinema a venire: Kong che si arrampica sull’Empire State Building tenendo Ann in una mano. Visto l’impatto culturale e di costume della figura di Kong, il film ha avuto vari seguiti ed imitazioni, e due remake degni di nota: quello di John Guillermin del 1976, spettacolare ma fracassone, e quello di Peter Jackson del 2005, minuzioso, appassionato ma oltre misura smodato. Per la sua velata ed affascinante portata metaforica, irresistibile perché allusiva piuttosto che esibita, il Kong originale del ’33 resta ancora ineguagliato.

Voto:
voto: 4,5/5

Nessun commento:

Posta un commento