domenica 4 gennaio 2015

La parola ai giurati (12 Angry Men, 1957) di Sidney Lumet

Dodici giurati sono chiusi in una stanza di tribunale per decidere sulla colpevolezza di un ragazza sbandato, accusato di aver ucciso il padre per rapina. Essendo in gioco la sedia elettrica, e quindi la vita dell’imputato, si richiede che il verdetto venga emesso in modo unanime. All’inizio i più propendono per la colpevolezza del giovane ma il giurato n. 8, pungente e riflessivo, con le sue opportune argomentazioni saprà instillare il “ragionevole dubbio” nella giuria fino all’assoluzione dell’imputato. Straordinario esordio cinematografico di Sidney Lumet con questo capolavoro classico e senza tempo, che costituisce una magistrale lezione di cinema da camera arguto, raffinato, scritto benissimo e recitato in modo impeccabile da un cast sontuoso in cui svettano Henry Fonda e Lee J.Cobb. Antesignano del “legal thriller”, è uno dei migliori film americani ambientati in un tribunale per la sua ammirevole capacità di coniugare denuncia civile, rigore morale, approfondimento psicologico dei personaggi, impegno sociale, densità tematica, compiutezza formale. La giuria dei dodici rappresenta, evidentemente, un microcosmo simbolico della società americana in cui ogni membro, non a caso senza nome ma individuato da un numero, è un archetipo: dal liberale al conservatore, dal conformista al cinico, dal razzista al superficiale. Il tribunale è, altresì, un luogo metaforico, iconico, istituzionale, dove confluiscono i peccati (e quindi i mali) del mondo ma anche le buone intenzioni, gli ideali forti (la giustizia in primis) e le decisioni importanti, quelle che determinano vite e destini e che, a volte, segnano un'epoca storica. Nonostante una velata “perfidia”, che si esplica nella caustica critica verso i malcostumi della società statunitense, il positivismo tipico dell’autore, figlio della sua rigida educazione religiosa di connotazione ebraica, non impedisce il lieto fine che, in questo caso, non sminuisce il valore della pellicola perché coerente con la dignità morale che ne pervade ogni sequenza. Rifatto da Friedkin nel 1997  in una più dinamica versione televisiva, è il capolavoro del grande regista di Philadelphia.

Voto:
voto: 5/5

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