lunedì 19 giugno 2017

Un giorno di ordinaria follia (Falling Down, 1993) di Joel Schumacher

In una torrida giornata estiva un uomo apparentemente anonimo, William Foster, è bloccato in un mega ingorgo a Los Angeles mentre la sua mente è attanagliata da profondi tormenti interiori. Foster ha perso il lavoro, la moglie lo ha lasciato portando con sè la loro bambina e si trova in un periodo di profondo stress emotivo. L’uomo abbandona il veicolo, litiga al telefono con la moglie e poi si incammina a piedi nelle strade assolate della metropoli californiana, dando inizio ad un’odissea di violenza e di follia distruttiva. Intanto, dall’altro lato della città, il sergente Martin Prendergast, zelante poliziotto al suo ultimo giorno di lavoro prima della pensione, riceve la segnalazione di un’auto abbandonata nel traffico, inizia a indagare ed ha la giusta intuizione di collegare l’evento con il gran numero di denunce di atti violenti che arriveranno in seguito. E sarà proprio l’esperto Prendergast a mettersi sulle tracce di Foster, reso incontrollabile e pericoloso da un’ira troppo a lungo covata dentro. Intenso thriller drammatico di Joel Schumacher, teso e nervoso come il suo protagonista, un uomo qualunque trasformato in “mostro” dalle pressioni di una vita disumana che va troppo veloce e dalle profonde ingiustizie sociali di un paese pieno di contraddizioni, il cui ammaliante spot di “terra delle opportunità” è ormai solo uno sbiadito ricordo. La veemenza della denuncia dell’autore contro i paradossi della vita metropolitana è corroborata da acuti graffi grotteschi che rendono la discesa all’inferno del protagonista uno straniante percorso senza ritorno nelle storture e nelle metastasi del modello socioeconomico americano. Non esente da ruffiano qualunquismo nel cavalcare l’onda lunga del malcontento popolare, si avvale di una prima parte straordinaria per il crescendo di tensione che riesce a creare e per la capacità di gestione del ritmo delle due vicende parallele. Quando poi la vicenda decolla e si entra nel vivo dell’azione si tocca qualche eccesso inverosimile, con inevitabile indulgenza nella retorica sentimentale nel finale amaramente inevitabile. Recitato in modo eccellente dai due protagonisti, Michael Douglas e Robert Duvall, che ci offrono due prestazioni antitetiche e massicce, vale soprattutto come disincantata riflessione sulla fine dell’edonismo capitalistico, catturando perfettamente lo spirito rabbioso di un periodo di profondo tumulto sociale, a cui il modello multi etnico, ormai esteso a tutto l’occidente, conferisce ulteriore complessità.

Voto:
voto: 3,5/5

Nessun commento:

Posta un commento