Un brillante fisico fa un'incredibile scoperta destinata a cambiare per sempre il futuro dell'umanità: attraverso dei sofisticati macchinari tecnologici da lui costruiti riesce a dimostrare scientificamente l'esistenza di una vita dopo la morte e, quindi, dell'aldilà. Ma il nostro non può immaginare gli effetti della sua scoperta sulla società: infatti, dopo la sconcertante rivelazione, inizia una sempre crescente tendenza al suicidio da parte di individui che, certi di raggiungere una vita migliore, scelgono di porre fine con le loro stesse mani alla propria desolante quotidianità. Sconvolto dagli accadimenti lo scienziato si ritira su un'isola appartata per continuare i suoi esperimenti insieme ad una piccola comunità di fedeli sostenitori, che somiglia sempre di più a una setta di adoratori. Il suo figlio maggiore, Will, notoriamente scettico, decide di raggiungere il padre in cerca di risposte sulla morte di sua madre e sul traghetto incontra l'affascinante e misteriosa Isla, una ragazza tormentata con tendenze suicide e una morbosa attrazione per l'ultraterreno. Evidentemente attratto dalla donna, Will cerca di aiutarla e si unisce insieme a lei al gruppo di devoti a suo padre. Dramma fantascientifico a basso budget ma dalle forti ambizioni tematiche di Charlie McDowell, appartenente a quel cinema indipendente americano in cui sono ormai riscontrabili la maggior parte dei prodotti sopra la media provenienti da oltre oceano. Autunnale, antitetico e dissonante rispetto alla rutilante spettacolarità della fantascienza mainstream, The discovery va evidentemente collocato nel filone dello sci-fi concettuale, con pochi effetti speciali, che aspira alla sostanza piuttosto che alla forma e che si pone obiettivi filosofici esistenziali più che di leggero intrattenimento per famiglie. La scelta di un cast non di poco conto (con il vecchio divo Robert Redford e la brava Rooney Mara al fianco di Jason Segel) e l'indubbia componente sentimentale su cui si fonda buona parte della vicenda (la storia d'amore tra Isla e Will rappresenta il cuore pulsante dell'opera) non vanno letti come un tentativo di fornire appeal commerciale alla pellicola, ma come integrazione (invero non perfettamente riuscita) di un'idea forte che sta alla base del progetto e che ne costituisce il motivo di maggior fascinazione. Senza svelare troppi particolari ulteriori sulla trama, per non rovinare la sorpresa allo spettatore, ci limitiamo a dire che il film di McDowell cerca di dare una "risposta", non esaustiva, non religiosa, non sovrannaturale ma, piuttosto, fantascientifica e profondamente umana, alla più grande domanda che da sempre affligge l'uomo: che cosa ci attende dopo la morte ? La risoluzione intimistica, sussurrata, forse inaspettata anche se non propriamente originale, non manca di incisività ma lascia una sensazione a metà strada tra lo smarrimento e l'indignazione. A volte, come in questo caso, l'idea iniziale vale ben più della sua realizzazione pratica, perchè l'inconoscibile e l'ineffabile hanno maggiore possanza se vengono suggeriti, piuttosto che "spiegati".
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