New York, Greenwich Village, inizio degli anni '60: Llewyn Davis è un musicista spiantato, di buon talento ma di inetta pigrizia, che cerca di sfondare, nella musica e nella vita, passando da un locale all'altro, da un pubblico all'altro e da un altrui divano (dove dorme, non avendo fissa dimora) all'altro. Ritratto autunnale e malinconico delle radici della musica folk, prima che il geniale Dylan la cambiasse per sempre portandola verso vette ineguagliate di eccellenza artistica. I Coen attingono a piene mani da quel cinema colto, lucido e grottesco che amano fare e ci regalano un altro gioiello "piccolo", intimo, ma sontuosamente impaginato, attraverso il ruvido ritratto di un ennesimo, memorabile perdente. Tra personaggi "folkloristici", situazioni surreali ed i consueti tocchi di sapiente citazionismo, l'emozione della musica arriva forte e diretta ed esprime perfettamente il tormento interiore di una famelica generazione di sognatori a caccia del loro posto nell'American Dream. Ed il contraltare, il gelido produttore discografico che oppone la logica del profitto alle vibrazioni dell'arte, è un momento di impagabile cinismo in puro "Coen style", che marchia in modo definitivo la carriera di Davis ed il film stesso. Da segnalare, nel cast, oltre al bravo protagonista, Oscar Isaac, l'elegante Carey Mulligan ed un simpatico cameo del "fido" John Goodman. Premiato a Cannes con il Gran Premio speciale della giuria, verrà classificato come opera "minore" dei due fratelli del Minnesota, ma è, come al solito, da non perdere.
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