Rapporto Confidenziale è un film del periodo europeo di Welles, girato nel 1954 in luoghi diversi del "vecchio" continente e con moltissime traversie nella realizzazione (cosa, tra l’altro, usuale per il geniale regista americano). I consueti problemi di budget costrinsero Welles ad una serie di compromessi e di approssimazioni (molte delle quali bene evidenti nella visione del film), soprattutto per quanto riguarda i costumi, le scenografie ed il trucco di scena. Tratto da uno script dello stesso Welles, il film non fu compreso alla sua uscita, e lo stesso regista lo ha sempre definito come la sua opera meno riuscita e da lui meno amata. Invero Welles ha sempre incolpato di questo fatto i numerosi tagli di montaggio, avvenuti in post produzione, che avrebbero (a suo dire) stravolto le sue intenzioni iniziali ed il senso stesso dell’opera. Ciononostante, e malgrado tutti i suoi limiti, il film resta un autentico gioiello nella straordinaria carriera di uno dei massimi geni della Storia del Cinema. Pur non possedendone né la perfezione stilistico narrativa né la grandiosa innovazione tecnica, questa pellicola costituisce un'evidente reinterpretazione, in chiave noir, del colossale Quarto Potere (Citizen Kane, 1941). Oltre alla similare stuttura narrativa, ingegnosamente tortuosa, sono infatti palesi le analogie tra il personaggio di Kane e quello di Arkadin. Entrambi sono uomini ricchi ed enigmatici, dalla personalità titanica e dall’ego smisurato. In entrambi i casi, tra l’altro, abbiamo due memorabili interpretazioni attoriali dello stesso Welles, nel tratteggiare due formidabili "villain", divenuti icone cinematografiche. Entrambi vivono in un volontario isolamento ed hanno un passato misterioso alle spalle, nonché più di un segreto nascosto. In entrambi i casi assistiamo ad un'indagine che vuol riportare alla luce gli eventi passati della vita del protagonista, per ricostruirne le dinamiche e decodificarne la personalità. Ma qui sta anche la principale differenza tra i due, in quanto l’inchiesta giornalistica su Kane avviene alla sua morte, mentre quella su Arkadin è voluta da lui stesso ed ha scopi che, ovviamente, mi guarderò bene dallo svelare qui. Gregory Arkadin è un altro titanico cattivo da aggiungere alla grande galleria delle interpretazioni di Orson Welles, come Charles Foster Kane, Harry Lime o Hank Quinlan. Un faccendiere dall’aspetto diabolico e dalla personalità straripante, che vive recluso in un grande castello insieme alla figlia Raina (Paola Mori, futura moglie del regista), la sola persona verso cui sembra provare sentimenti sinceri. Egli trascorre il suo tempo organizzando feste in costume, durante le quali ama intrattenere i suoi ospiti con aneddoti ed aforismi dai toni istrionici. Memorabile, in tal senso, la parabola della rana e dello scorpione (divenuta poi retaggio di cultura popolare) come emblema dell’immutabilità del carattere e della natura più intima di ogni essere vivente, anche a costo di estreme e tragiche conseguenze. Qui le tematiche wellesiane sulla negatività del potere e sul suo fascino oscuro sono portate all’estremo, attraverso suggestioni kafkiane, opulenti barocchismi ed atmosfere Faustiane di matrice espressionista. E gli stilemi del noir e del melodramma vengono sapientemente stravolti in un'affascinante ed insolita commistione. Le atmosfere angoscianti incalzano lo spettatore, a mano a mano che viene svelata la personalità di Arkadin, attraverso il "rapporto confidenziale" dell’ingenuo Van Stratten, che dà il titolo italiano alla pellicola. Tra le tante sequenze mirabili va segnalata quella del ballo, con le maschere ispirate ai quadri di Goya. E' da non perdere come tutte le opere del regista.
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