Affresco spietato, onirico, a tratti caotico, di una città, amata e odiata, che per il giovane "provinciale" Fellini è stata donna, madre, moglie e concubina. Inevitabilmente ispirato dalla vena autobiografica dell'Autore, che ne determina, allo stesso tempo, forza e debolezza, Roma procede per episodi disconnessi ed autonomi, utilizzando la stessa formula sperimentata nel precedente I Clowns, in bilico tra ricordi personali, "falsa" indagine documentaristica e finzione cinematografica, per offrire una nuova immagine antirealistica della capitale, trasfigurata dai sogni e dalla fantasia dell’autore e dal suo originalissimo modo di guardarla e di interpretarne i molteplici e contraddittori aspetti. E’ un film non facile, a volte ermetico, profondamente felliniano, un'opera che non somiglia a nessun'altra. Solo Fellini ebbe, in cotanta misura, la magica capacità di creare spettacoli così ammalianti partendo dall'elaborazione del proprio mondo interiore, trovandovi l’ispirazione e l’estro creativo che conferiscono alle immagini dei suoi film l’inconfondibile esuberanza visiva, autentico marchio di fabbrica del Maestro di Rimini. Partendo dalla Roma fascista degli anni '30, rielaborata dai ricordi giovanili, fino a quella degli anni '70, Fellini realizza un insolito melange di indagine storica, cronaca
e fiction, illuminato da uno struggente sentimento lirico e dalle
suggestioni ovattate della memoria. Malgrado qualche caduta di stile, alcune invenzioni visive sono straordinarie: il defilé di abiti ecclesiastici, le case chiuse, il grande ingorgo notturno sul Raccordo Anulare. Alcuni grandi attori come Anna Magnani (che così chiuse la sua luminosa carriera), Alberto Sordi e Marcello Mastroianni appaiono in un cameo nel ruolo di se stessi, sebbene alcune di queste scene siano state poi eliminate in certe versioni circolanti del film. Nella memorabile filmografia di Fellini questa non è di certo la sua opera migliore ma, di sicuro, la più ineluttabile.
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