Una
misteriosa e potente corporazione che agisce nell’ombra ingaggia la giovane
specialista Lee Weathers, donna fredda e dinamica che risolve problemi, per
gestire una delicata situazione in un segreto centro di ricerche scientifiche
nascosto nei boschi del nord America. Il personale del laboratorio è alle prese
con Morgan, un essere di sesso femminile creato artificialmente combinando DNA
sintetico con DNA umano, dotato di facoltà straordinarie e improvvisamente divenuto
pericoloso dopo la cruenta aggressione a una dottoressa. Il confronto tra Morgan
e la Weathers
darà il via ad una tragica escalation di avvenimenti che metteranno a dura
prova le convinzioni di tutti i membri dello staff scientifico, che hanno
fortemente empatizzato con la creatura durante i cinque anni di convivenza
promiscua. Interessante esordio di Luke Scott (figlio del celebre Ridley, qui
in veste di produttore) con questo cupo thriller fantascientifico che stinge
nell’horror, si vela di suggestioni distopiche e ricicla efficacemente il
vecchio mito di Frankenstein sulla creazione della vita artificiale e sui
diritti del “mostro” di esistere in un mondo in cui è stato catapultato in nome
del progresso scientifico. Senza soffermarsi troppo sulle questioni morali e
sulle implicazioni filosofiche sottese da temi così delicati, il film possiede
il giusto patos ed un’affascinante stile visivo, specialmente nelle sequenze
finali ambientate nei selvaggi boschi nordamericani. Il finale a sorpresa,
invero non proprio imprevedibile per il pubblico più esperto, conferisce alla
vicenda un tono cinicamente beffardo e strizza l’occhio a soluzioni già viste
in vecchi film di Scott padre (che ovviamente mi guardo bene dal menzionare per
evitare spoiler). Eccellente l’interpretazione di Anya Taylor-Joy, che
conferisce all’androgina Morgan una caratterizzazione inquietante sospesa tra
innocenza e brutalità, compassione e pericolo. Buone anche le performance del
resto del cast, con il sempre bravo Paul Giamatti in una fugace apparizione che
è però anche la scena più intensa del film (il confronto tra lo psicologo e la
creatura), e Jennifer Jason Leigh, Toby Jones e Michelle Yeoh in ruoli di
contorno. Probabilmente il punto debole risiede nella scelta di Kate Mara, che
non possiede il carisma adatto per il ruolo della coprotagonista Lee Weathers.
Pur nell’ambito di un prodotto di genere fortemente derivativo e ben poco
originale, la pellicola si fa apprezzare per il ritmo serrato, l’estetica affascinante,
il tono sinistro e l’agilità delle svolte narrative. Va quindi giustamente
annoverato come un film sopra la media dei suoi consimili.
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