lunedì 19 giugno 2017

Il camorrista (Il camorrista, 1986) di Giuseppe Tornatore

L’inarrestabile ascesa di un camorrista dell’entroterra napoletano, da tutti conosciuto come il “Professore di Vesuviano”, fino ai vertici più alti dell’impero criminale. Avviato alla malavita fin da bambino, viene condannato da giovanissimo a 30 anni di carcere per l’omicidio di un uomo che aveva mancato di rispetto a sua sorella. In galera si fa una cultura, dimostra un’intelligenza, un carisma e una capacità oratoria superiore alla media e si guadagna subito il rispetto e la benevolenza di molti carcerati. Entra rapidamente in collisione con il boss del carcere, Antonio “O’ malacarne”, e ben presto farà uccidere sia lui che i suoi fedeli dando vita ad un nuovo gruppo criminale dal nome di “Nuova Camorra Riformata”. Il “Professore” si dimostra un boss spietato, sanguinario e con smisurate ambizioni di grandezza, nel giro di pochi anni riesce ad evadere dal carcere, diventa il padrone assoluto del traffico di droga a Napoli, sfidando apertamente tutte le altre famiglie, stabilisce contatti con la mafia, la malavita del Nord Italia, i terroristi, politici corrotti, faccendieri stranieri e servizi segreti deviati, estendendo la sua rete di influenze e creando un complesso sistema di corruzione e connivenze che coinvolge parecchi nomi eccellenti. Venerato dai suoi uomini e odiato dai nemici, il “Professore” scatena una guerra di camorra senza precedenti, mettendosi contro tutto e tutti e insanguinando le strade di Napoli con decine di morti al mese. Catturato nuovamente dalla polizia sarà messo in regime carcerario di massima sicurezza e, dopo essere stato fregato da alcuni galoppini del potere istituzionale (che gli chiedono aiuto per far liberare un assessore napoletano rapito dalle Brigate Rosse in cambio di una semilibertà che non otterrà mai), il “Professore” finirà, dimenticato e abbandonato da tutti, in un rigido isolamento, tormentato dai suoi mille segreti e da una follia ormai dilagante. Roboante esordio cinematografico di Giuseppe Tornatore con un cruento noir criminale, tratto dal romanzo di Giuseppe Marrazzo, e modellato sul personaggio e sulle reali “imprese”, qui ampiamente romanzate, del noto boss della camorra napoletana Raffaele Cutolo, detto “O’ Professore”, dominatore incontrastato della cronaca nera italiana per gran parte degli anni ’70 e ’80. La cruda rappresentazione ambientale, la brutale efferatezza dei delitti e delle esecuzioni, la ferocia ideologica, la totale mancanza di moralità, il malcostume eletto come stile di vita e modello supremo, la struttura tribale di un microcosmo di barbari che vivono e prosperano al di fuori delle regole civili e dello stato, le connessioni con i gangli corrotti delle istituzioni, il delirio di onnipotenza e l’omicidio come risposta naturale a omissioni o tradimenti, sono solo alcuni dei tanti aspetti che questo film enumera con lucida impietosità per attuare la sua veemente denuncia sociale. Ma in mezzo c’è anche tanto cinema (spesso di pregevole fattura) con un senso frenetico dell’azione che discende dai polizieschi americani ed un sanguigno gusto da melodramma nero che ammicca alla sceneggiata napoletana. Il giovane regista siciliano dimostra subito il suo grande talento di cantastorie epico, con un innato gusto dell’eccesso e della ridondanza che qui si esplica nelle tante scene madri sopra le righe ed in un certo caos narrativo che, nella parte finale, rende la vicenda un po’ confusa nel suo fitto groviglio di sottotrame, forse affrontate con troppa superficialità. In difesa del regista va detto che il film uscito in sala, della durata di 168 minuti, era solo una versione "ridotta" dell’opera, pensata come un mega film di 5 ore da mandare in televisione (ma che nessuno, purtroppo, ha mai visto). Alla sua uscita l’opera innescò un putiferio di polemiche, di accuse e di querele per diffamazione, facendo arrabbiare quasi tutti: politici, personaggi eccellenti e persino lo stesso Cutolo, che rinnegò la veridicità di diverse sequenze. Rimessa in circolazione dopo alcuni mesi ottenne un buon successo di pubblico e riscontri critici generalmente positivi, diventando rapidamente un cult del genere malavitoso nostrano. Memorabile interpretazione di Ben Gazzara nel ruolo del mefistofelico “Professore”, sempre posseduto da una lucida follia tra scatti d’ira e momenti di tenerezza verso i suoi familiari, un autentico genio del male. Insieme a lui un valido cast di attori e caratteristi come Laura del Sol, Lino Troisi, Leo Gullotta, Marzio Honorato, Luciano Bartoli, Nicola Di Pinto, Anita Zagaria, Cloris Brosca e Franco Interlenghi. Molto belle (e teatrali) le musiche di Nicola Piovani.

La frase: "Dicitancell a o' professor' ... io non l'aggio tradito. E mo' facit' ambress' !"

Voto:
voto: 4/5

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