venerdì 16 giugno 2017

Little Miss Sunshine (Little Miss Sunshine, 2006) di Jonathan Dayton e Valerie Faris

La strampalata famiglia Hoover: Richard, aspirante scrittore che insegue da sempre il successo editoriale per mezzo di un saggio che spiega come avere successo, sua moglie Sheryl, iperattiva cronica e un po’ apprensiva, lo zio Frank, omosessuale che ha tentato il suicidio dopo una delusione amorosa, il figlio Dwayne, che si è imposto il silenzio assoluto fino a che non sarà accettato in accademia militare, e il nonno Edwin, un arzillo anziano cacciato da tutte le case di riposo perchè fa uso di droghe pesanti. E, per completare il quadro, la vivacissima Olive, una bimba occhialuta figlia di Richard e Sheryl, che sogna la vittoria ad un concorso di bellezza. Quando la piccola viene selezionata per “Little Miss Sunshine”, gara di bellezza per bambine, l’intera famiglia si mette in marcia a bordo di uno sgangherato pulmino giallo dal Nuovo Messico alla California. Il viaggio sarà un’occasione di confronto, di crescita e di cambiamento per ciascun membro della famiglia. Stravagante commedia nera diretta a due mani dalla coppia Dayton e Faris (che nella vita sono marito e moglie), è un mix fuori di testa tra una sit-com demenziale ed un classico road movie di formazione, attraversato da un umorismo acidamente farsesco che prende di mira il fanatismo americano per il successo personale e, di conseguenza, l’utopia dell’American Dream. Tra situazioni grottesche e dialoghi strambi, il film garantisce un efficace divertimento politicamente scorretto, con momenti paradossali realmente irresistibili. L’idea alla base dell’opera venne allo sceneggiatore Michael Arndt dopo aver ascoltato un discorso di Arnold Schwarzenegger, all’epoca governatore della California, in cui diceva di disprezzare i perdenti perchè lo spirito americano è vincente per definizione. Memorabile la sequenza finale del concorso di bellezza, con le bimbe truccate che sembrano orrende bambole e tristi fenomeni da baraccone. Un autentico schiaffo in faccia alla logica dell’arrivismo a tutti i costi. Grande il cast in grande spolvero con Greg Kinnear, Toni Collette, Steve Carell, Alan Arkin, Paul Dano e soprattutto la piccola Abigail Breslin, che si meritò la nomination all’Oscar come miglior attrice non protagonista all’età di dieci anni. Modulata tra eccentrico e tragicomico (con qualche evidente forzatura concettuale), è un’opera agile e fresca, un elogio sbarazzino di quell’allegra follia che aiuta a sopportare un po’ meglio il peso dell’esistenza. Un film fuori dal coro che intrattiene, graffia e diverte con alienata spensieratezza.

Voto:
voto: 4/5

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