Vita, ascesa e caduta di Tammy Faye Bakker, che negli anni '50, quando era ancora una bambina povera di un piccolo villaggio del Minnesota, riceve la folgorazione mistica nella chiesa pentecostale della sua comunità, e, negli anni '60, incontra al college il predicatore Jim Bakker, con cui convolerà presto a nozze mettendo al mondo due figli. I due fonderanno un canale televisivo religioso e, durante tutti gli anni '70 e '80, diventeranno i più famosi telepredicatori evangelisti degli Stati Uniti, con ascolti record di circa 20 milioni di spettatori al giorno ed enormi profitti derivanti dalle donazioni spontanee garantite dai loro fedeli, per i quali il "Jim and Tammy Show" assume significati che sfociano nel fanatismo. In particolare Tammy, grazie alla sua naturale esuberanza ed alla sua disarmante spontaneità, con i suoi discorsi, i suoi sorrisetti, i suoi pupazzi "parlanti" e le sue canzoni, riesce a stabilire una connessione profonda con il pubblico, affrontando a viso aperto tematiche scomode e coraggiose (assolutamente inusuali per quei tempi) come l'omosessualità, l'AIDS e le discriminazioni verso i "diversi". L'intervento di un potente reverendo reazionario e intollerante metterà fine al loro sogno americano, scoperchiando un sottobosco di truffe finanziarie, appropriazioni indebite, scandali sessuali e sfruttamento indiscriminato della buona fede altrui. Questo dramma biografico di Michael Showalter, basato su eventi e personaggi tristemente reali, è l'adattamento del documentario omonimo uscito nel 2000 e realizzato da Fenton Bailey e Randy Barbato. Raccontando la vicenda della ignobile coppia di telepredicatori, il regista ci catapulta letteralmente nel loro mondo grottesco fatto di fede isterica, cialtroneria inconscia, perbenismo ipocrita, narcisismo irrefrenabile, patetica esaltazione pseudo-religiosa, rapace avidità e "inconsapevole" corruzione morale scambiata per vacuo fideismo. Ne emerge un ritratto sconcertante e paradossale di un lato oscuro della società americana, fatto di ingenui creduloni, pericolosi bigotti, pusillanimi manipolatori e penosi imbonitori che fondano il loro potere su un concetto diffuso e distorto di fede vista come un bizzarro "spettacolo" scintillante in cui celebrare (sotto sotto), tra canti, balli e predicozzi, la "grandezza" dell'American Dream. Per quanto la materia venga affrontata con coraggio, senza fronzoli e filtrata attraverso la prospettiva esaltata di Tammy, il film non riesce mai a graffiare veramente, a scendere nel profondo della questione e ad ergersi come pungente affresco critico sarcastico del fanatismo americano. Tutto resta troppo didascalico, oscillando tra la caricatura e il puritanesimo, seducente nella forma ma fiacco nella sostanza. I due attori protagonisti, Jessica Chastain ed Andrew Garfield, sono molto convincenti, specialmente la Chastain (che ha anche prodotto il film) sa regalarci una performance brillante, esplosiva e fragile nello stesso tempo, catturando perfettamente l'anima ingenua e delirante di Tammy Faye, il suo lato tenero di donna bisognosa di essere amata (da una madre austera e anaffettiva, da un marito farfallone e viscido, da una società chiusa e intollerante) e, non di meno, la sua vulcanica impulsività dai tratti svenevoli. Nonostante l'invadenza del trucco prostetico, quasi sempre presente in abbondanza sul volto dell'attrice per renderla somigliante all'originale, la Chastain risulta straordinariamente comunicativa attraverso lo sguardo, bucando il video e irradiando una luce accecante che trasmette in egual misura forza, malinconia, indignazione e tristezza. Candidata con pieno merito agli Oscar 2022 come miglior attrice protagonista (l'altra nomination ricevuta dalla pellicola è per il trucco e parrucco), è lei il punto di forza ed il motivo principale che giustifica la visione dell'opera. Nelle mani di un altro regista ne poteva sicuramente uscire un risultato ben più solido e urticante.
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