Wes Tauros è l'uomo più ricco del mondo. Vive in una lussuosa reggia dagli sfarzosi interni settecenteschi costruita sul picco più alto della Valle degli Dei, tra i canyon e i deserti dello Utah, insieme ad un fedelissimo maggiordomo factotum che tiene tutto sotto controllo ed a tre levrieri. Il potente magnate intende trasformare l'intera area in un giacimento minerario per l'estrazione dell'uranio ma incontra l'opposizione dei nativi Navajos che considerano da sempre sacri quei luoghi, secondo le antiche credenze dei loro antenati. John Ecas è un giovane scrittore in profonda crisi dopo la separazione dalla moglie Laura, che decide di scrivere una biografia di Tauros. Ottiene un invito nella sua principesca residenza durante una serata di gala e qui si troverà immerso in un mondo misterioso che supera ogni sua immaginazione, in bilico tra il magico, il mistico e lo spaventoso. Il quinto lungometraggio del polacco Lech Majewski (che oltre alla regia ha anche scritto la sceneggiatura e curato fotografia e montaggio), il primo da lui girato negli Stati Uniti ed in lingua inglese, è un abbacinante affresco visionario che coniuga sapientemente il cinema fantastico, il dramma esistenziale, il racconto metafisico, la parabola filosofica, il mistery raffinato ed il viaggio onirico, immergendo il tutto in una dimensione evocativa spirituale di potente fascino visivo e di poetica astrazione. E' un grande film d'autore fatto di immagini stupefacenti, invenzioni di fantasia superiore ed uno stile così ricco che riesce già da solo a palesarsi come contenuto di alto spessore. Con un lavoro di fine equilibrismo estetico il regista sa mescolare in maniera credibile le ancestrali leggende dei nativi americani alla critica al capitalismo, con un senso magico della visione che si srotola davanti ai nostri occhi in una miriade di trovate, omaggi e citazioni ai grandi Maestri della settima arte: da Kubrick a Welles, da Fellini a Malick, in un puzzle di riferimenti audiovisivi che faranno la gioia dei cinefili. E ovviamente non è casuale (nè può passare sotto traccia) la presenza nel cast di un ottimo Keir Dullea, il David Bowman di 2001: Odissea nello spazio (1968), il cui iconico personaggio viene a sua volta omaggiato ripetutamente. Tra sequenze memorabili e momenti di rara suggestione simbolica, Majewski ci immerge, ci frastorna e ci ipnotizza in una conturbante esperienza emozionale che sarà difficile da dimenticare.
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