Liverpool,
anni ’60: il giovane portuale Jude decide di imbarcarsi per l’America alla
ricerca di un padre che non ha mai conosciuto. Qui diventa attivista politico in
favore dei diritti civili, partecipa alle lotte giovanili contro la guerra e il
passatismo reazionario delle precedenti generazioni, viene affascinato dall’utopia
hippy e dalla bella biondina Lucy che ruberà il suo cuore, mentre il mondo
occidentale è infiammato da fermenti ideologici che ne scuotono le fondamenta.
Questo sontuoso e coloratissimo omaggio dell’americana Julie Taymor alla musica
dei Beatles (che non vengono mai esplicitamente citati) è senza dubbio il Musical
del nuovo millennio per potenza figurativa, estro visionario, nostalgico
incanto, suggestione visiva, energia creativa, ironica irriverenza. Con una
coraggiosa operazione artistica la regista del Massachusetts ha opportunamente
selezionato 32 brani dei “fab four”, rinfrescandoli con nuovi arraggiamenti
(curati da Elliott Goldenthal) e facendoli interpretare dai giovani attori,
tutti ammirevoli per la totale adesione all’impresa e per le capacità canore. E
così, come per magia, ecco rivivere sullo schermo i favolosi anni ’60, con tutto
il relativo carico di sogni e delusioni, attraverso la loro colonna sonora per
eccellenza, ovviamente scritta da John Lennon, Paul McCartney e George Harrison.
Inutile dire che, con cotanto sostegno musicale e grazie a pezzi che sono
entrati, a pieno diritto, nel patrimonio culturale ed emotivo di intere
generazioni, era difficile non centrare il bersaglio già solo per l’inevitabile
effetto nostalgia. Ma la regista ha dimostrato un’abilità non comune nel
fondere insieme l’indubbia potenza del commento sonoro alla forza delle
immagini, che spaziano libere dal frenetico al sentimentale, dallo psichedelico
all’onirico, con una miriade di invenzioni di fantasia superiore. I nomi dei
personaggi principali sono di evidente matrice “beatlesiana” e le canzoni dei
mitici “ragazzi di Liverpool” sono utilizzate per raccontare l’intera vicenda
(invero molto semplice), utilizzando le vivaci coreografie come un
caleidoscopico collage di emozioni. Un insieme di diapositive pulsanti, ognuna
delle quali narra un pezzo della storia e ognuna delle quali ha una propria precisa
identità musicale, scenografica, visuale ed emotiva. Se ci si abbandona al
flusso audiovisivo è un’esperienza memorabile che trova il suo picco nella
surreale sequenza pittorica di “Strawberry fields forever”. Menzione speciale
per l’intero reparto tecnico, per i coreografi, per la fotografia
cromaticamente saturata di Bruno Delbonnel, per gli arrangiamenti “moderni” di Elliott
Goldenthal e per i due interpreti principali, Evan Rachel Wood e Jim Sturgess.
Da citare altresì i camei eccellenti di Bono santone psichedelico, Salma Hayek
infermiera super sexy e Joe Cocker clochard. Chiaramente il film è imperdibile
per i fans dei Beatles e per i nostalgici degli anni ’60, ma anche il pubblico
mainstream vi potrà trovare più di un motivo d’interesse.
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