lunedì 20 febbraio 2017

Across the Universe (Across the Universe, 2007) di Julie Taymor

Liverpool, anni ’60: il giovane portuale Jude decide di imbarcarsi per l’America alla ricerca di un padre che non ha mai conosciuto. Qui diventa attivista politico in favore dei diritti civili, partecipa alle lotte giovanili contro la guerra e il passatismo reazionario delle precedenti generazioni, viene affascinato dall’utopia hippy e dalla bella biondina Lucy che ruberà il suo cuore, mentre il mondo occidentale è infiammato da fermenti ideologici che ne scuotono le fondamenta. Questo sontuoso e coloratissimo omaggio dell’americana Julie Taymor alla musica dei Beatles (che non vengono mai esplicitamente citati) è senza dubbio il Musical del nuovo millennio per potenza figurativa, estro visionario, nostalgico incanto, suggestione visiva, energia creativa, ironica irriverenza. Con una coraggiosa operazione artistica la regista del Massachusetts ha opportunamente selezionato 32 brani dei “fab four”, rinfrescandoli con nuovi arraggiamenti (curati da Elliott Goldenthal) e facendoli interpretare dai giovani attori, tutti ammirevoli per la totale adesione all’impresa e per le capacità canore. E così, come per magia, ecco rivivere sullo schermo i favolosi anni ’60, con tutto il relativo carico di sogni e delusioni, attraverso la loro colonna sonora per eccellenza, ovviamente scritta da John Lennon, Paul McCartney e George Harrison. Inutile dire che, con cotanto sostegno musicale e grazie a pezzi che sono entrati, a pieno diritto, nel patrimonio culturale ed emotivo di intere generazioni, era difficile non centrare il bersaglio già solo per l’inevitabile effetto nostalgia. Ma la regista ha dimostrato un’abilità non comune nel fondere insieme l’indubbia potenza del commento sonoro alla forza delle immagini, che spaziano libere dal frenetico al sentimentale, dallo psichedelico all’onirico, con una miriade di invenzioni di fantasia superiore. I nomi dei personaggi principali sono di evidente matrice “beatlesiana” e le canzoni dei mitici “ragazzi di Liverpool” sono utilizzate per raccontare l’intera vicenda (invero molto semplice), utilizzando le vivaci coreografie come un caleidoscopico collage di emozioni. Un insieme di diapositive pulsanti, ognuna delle quali narra un pezzo della storia e ognuna delle quali ha una propria precisa identità musicale, scenografica, visuale ed emotiva. Se ci si abbandona al flusso audiovisivo è un’esperienza memorabile che trova il suo picco nella surreale sequenza pittorica di “Strawberry fields forever”. Menzione speciale per l’intero reparto tecnico, per i coreografi, per la fotografia cromaticamente saturata di Bruno Delbonnel, per gli arrangiamenti “moderni” di Elliott Goldenthal e per i due interpreti principali, Evan Rachel Wood e Jim Sturgess. Da citare altresì i camei eccellenti di Bono santone psichedelico, Salma Hayek infermiera super sexy e Joe Cocker clochard. Chiaramente il film è imperdibile per i fans dei Beatles e per i nostalgici degli anni ’60, ma anche il pubblico mainstream vi potrà trovare più di un motivo d’interesse.

Voto:
voto: 4/5

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