Nel
73 a.C.
il gladiatore trace Spartaco guida una rivolta di schiavi contro l’esercito di
Roma, con l’intento di raggiungere un paese franco in cui ottenere la libertà dal
giogo romano. Inizialmente i ribelli vincono le prime battaglie ma, dopo il
dietro-front dei pirati arabi, che gli avevano promesso le navi con cui
organizzare la fuga, Spartaco decide di attaccare Roma, sfidando le terribili
armate di Licinio Crasso. Quinto lungometraggio di Stanley Kubrick, il primo a
colori, tratto dall’omonimo romanzo di Howard Fast. Per quanto sia, senza alcun
dubbio, il miglior peplum
hollywoodiano mai realizzato, è un’opera spuria e atipica nella straordinaria
filmografia del grande Maestro americano: una sorta di lavoro su commissione
dai molti padri in cui Kubrick non ebbe mai il totale controllo artistico, come
invece era solito fare e pretendere. Il film appartiene, innanzi tutto, al
formidabile sceneggiatore Dalton Trumbo (costretto a lavorare sotto falso nome
per i suoi guai con il maccartismo) e, soprattutto, al produttore/attore Kirk
Douglas che volle per sé il ruolo del protagonista (dopo aver perso l’occasione
in Ben-Hur
in favore di Charlton Heston) e che, inizialmente, avevo scelto Anthony Mann
come regista, salvo poi puntare sul giovane Stanley Kubrick con cui aveva già
lavorato nel capolavoro bellico Orizzonti
di Gloria. Il risultato di tale eterogeneità di ispirazioni è un film
imponente e spettacolare ma privo del rigore formale, del genio visionario e
della densità concettuale dei grandi capolavori dell’autore. La mano di Kubrick
è facilmente riconoscibile nelle straordinarie sequenze di battaglia,
visivamente ispirate ad Ėjzenštejn, che ricostruiscono con meticolosa
precisione la fenomenale tattica militare delle legioni di Roma. Per girare la
scena del memorabile scontro finale il regista utilizzò quasi diecimila
comparse e registrò i suoni del clangore di massa in uno stadio affollato da
ottantamila spettatori durante una partita di football. Anche nella sapiente
direzione del cast stellare (Kirk Douglas, Laurence Olivier, Jean Simmons,
Charles Laughton, Peter Ustinov, John Gavin, Tony Curtis) è chiaramente
identificabile il tocco kubrickiano. In ogni caso il regista fu alquanto
insoddisfatto del film e pensò più volte di sconfessarne la paternità.
Probabilmente fu proprio su questo set che egli maturò la definitiva decisione
di staccarsi totalmente dalle major hollywoodiane, per realizzare la sua
personale ossessione di controllo assoluto sulle opere future. La pellicola
riscosse comunque un buon successo di pubblico, anche se non le mancarono
schiere di detrattori per il suo tono aspro e la violenza di alcune scene, poco
in linea con lo stile consolante dei kolossal storici del tempo. Su sei
candidature vinse quattro premi Oscar: Ustinov attore non protagonista,
fotografia, scenografie e costumi. Negli anni ’90 ne è uscita una splendida
edizione restaurata in home video, con circa quindici minuti di scene
aggiuntive, tra cui quella (ritenuta troppo scandalosa per l’epoca) in cui
Crasso cerca di sedurre il giovane Antonino.
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