Parigi, autunno 1995. La città è in preda al caos a causa dello sciopero dei trasporti pubblici. Laure è bloccata nel traffico mentre sta traslocando a casa del suo fidanzato, il medico François. Ma l'incontro con un autostoppista a cui accetta di dare un passaggio rischia di cambiare ogni cosa: Laure è irresistibilmente attratta da lui e i due passeranno insieme una notte di grande passione. Tratto dal romanzo omonimo di Emmanuele Bernheim, questo dramma sentimentale in tempo reale mette in scena il carpe diem attraverso una serie di espedienti cinematografici. La regista utilizza la macchina da presa come la caméra stylo della Nouvelle vague, raccogliendo l'istantanea dei gesti, degli sguardi, delle espressioni della protagonista, ferma in macchina in mezzo al traffico paralizzato, in modo da svelarne gradualmente la personalità, facendo "parlare" i dettagli piuttosto che i dialoghi (che sono ridotti al minimo). La scelta di aprire lo sportello ad uno sconosciuto, una scelta che cambierà drasticamente la sua giornata (e forse la sua vita?), sembra avvenire quasi per caso, ascoltando dei consigli dalla radio e seguendo un impulso istintivo. Non ci è dato sapere nulla del passato o del futuro della donna, nè ci vengono rivelate informazioni a corredo che potrebbero giustificare (o non giustificare) la sua "scelta". Ci vengono forniti invece una miriade di particolari visivi, come gli appunti sparsi alla rinfusa su un diario o le tessere di un puzzle. Le parole non dicono ma il linguaggio del corpo è inequivocabile, e così Laure lascia entrare lo sconosciuto nella sua esistenza, si abbandona e, semplicemente, lascia che accada. Nonostante una parte finale più canonica e meno interessante della prima, questo film di attese e di pulsioni cerca di essere qualcosa di più profondo (e di più originale) di una semplice "scappatella" borghese. Un approccio narrativo forse un po' snob nella sua reticenza, ma perfettamente in linea con lo stile della regista parigina.
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