sabato 3 aprile 2021

Parasite (Gisaengchung, 2019) di Bong Joon Ho

L'incontro tra due famiglie agli antipodi nell'odierna Seul darà il via ad un'incredibile catena di situazioni tragicamente grottesche. I Kim (padre, madre e due figli adolescenti molto svegli) sono dei proletari molto uniti tra loro, che vivono in un lercio seminterrato periferico e sopravvivono, arrangiandosi, tra sussidi ed espedienti non sempre ortodossi. I Park appartengono all'alta borghesia rampante, ricca e raffinata, e abitano in una lussuosa villa con giardino che è un autentico capolavoro architettonico. Il capofamiglia è uno zelante direttore d'azienda e la moglie una donna ingenua che si occupa della crescita dei figli: una femmina adolescente sognante ed un piccolo maschietto capriccioso. Spacciandosi per altri i quattro Kim riescono, con estrema furbizia, a intrufolarsi nella vita benestante dei Park, facendosi assumere tutti uno alla volta e senza rivelare il loro legame. Il padre come autista, la madre come cameriera, il figlio come insegnante d'inglese e la figlia come esperta di terapia artistica. La silenziosa invasione dei "parassiti" Kim provoca il licenziamento della vecchia governante di casa, la signora Gook, che però ha un oscuro inconfessabile segreto da nascondere. Splendida commedia nera di Bong Joon Ho, che realizza una straniante parabola moderna sulla lotta di classe attraverso l'agile contaminazione di generi diversi, passando dalla farsa kafkiana al thriller tragico, dal dramma sociale all'horror, senza mai perdere un colpo o una battuta, dimostrando ammirevole equilibrio, coerenza e lucidità dello sguardo. Districandosi abilmente tra eccessi improvvisi, squarci surreali, momenti di autentica suspense e situazioni paradossali, il film riesce ad appassionare, inquietare e sorprendere, ci regala più di una sequenza memorabile e ci offre un'acida visione della società capitalistica contemporanea (coreana, ma non solo) e delle idiosincrasie sia sociali che familiari. Con una messa in scena magnifica e glaciale, analizza nel profondo la natura umana nelle sue declinazioni tribali e collettive, rivolgendosi particolarmente al miraggio ossessivo della "scalata economica" e mettendo in antitesi l'ipocrisia dello "schiavismo gentile" (la moderna forma di controllo dei ricchi sui poveri) e la furiosa rapacità del sottoproletariato, disposto persino ad una sanguinosa lotta intestina pur di realizzare il sogno congenito di quel riscatto sociale, vanamente promesso dall'utopia del nuovo liberismo. Emblematico in tal senso il dialogo in cui i Kim, mentre gozzovigliano senza ritegno nel mega salone della casa in cui si sono subdolamente insediati, si chiedono se i ricchi sono tali perchè gentili o se sono gentili perchè ricchi. E' un film autorevole, solido, metaforico, denso di implicazioni e spunti di riflessione, ed anche saggiamente equanime nel parteggiare per l'uno o l'altro dei "contendenti". E' anche un tentativo (perfettamente riuscito) di conciliare il grande cinema d'autore (solitamente ostico per il pubblico di massa) con quello popolare di qualità. Plebiscitario successo di critica in tutto il mondo e inattesa incetta di premi importanti, indubbiamente meritati: Palma d'Oro al Festival di Cannes (con voto unanime della giuria) e quattro Oscar "pesanti" (miglior film, miglior film straniero, miglior regia e migliore sceneggiatura originale). E' stato il primo film non anglofono a vincere l'Oscar più ambito. Un traguardo storico.
 
Voto:
voto: 4,5/5

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