Katy è una ragazza depressa e alcolizzata, lasciata dal marito ed in pessime condizioni economiche. Vive da sola in una vecchia casa sulla spiaggia che suo padre le ha lasciato in eredità. Per un errore burocratico la casa viene messa all'asta e comprata per pochi soldi da Amir Behrani, un ex ufficiale dell'aeronautica iraniano che vive da tempo negli Stati Uniti insieme alla sua famiglia. L'uomo, rigido, orgoglioso e all'antica, intende speculare sulla proprietà per rivenderla ad un prezzo maggiorato e trarne vantaggio economico. Tra Katy e Behrani inizia una dura battaglia legale che porterà a dolorose implicazioni personali, trasformandosi poi nello scontro ideologico tra due culture molto diverse e, forse, inconciliabili. Esordio registico dell'ucraino naturalizzato canadese Vadim Perelman, che ha adattato il romanzo omonimo di André Dubus III scrivendo anche la sceneggiatura del film insieme a Shawn Lawrence Otto. Il risultato è un cupo drammone strappalacrime carico di enfasi tragica e di colpi bassi sentimentali nei riguardi dello spettatore, tutti condensati nell'epilogo che è un tripudio dissennato di disastri annunciati degno di una mattanza. Il resto del film vivacchia su ritmi lenti e soporiferi, con dialoghi turgidi che riflettono su pregiudizi e xenofobia, elementi dominanti nella multietnica società americana, un crogiolo magmatico di razze, culture e religioni differenti pronto a generare conflitti e tensioni in situazioni estreme di degrado o di disperazione. Il vero problema dell'opera è che tutto sembra quasi un pretesto per arrivare programmaticamente alla tragedia finale, in odore di spettacolarizzazione del dolore. Gli attori però sono bravissimi, in particolare Jennifer Connelly, Ben Kingsley e
Shohreh Aghdashloo (con gli ultimi due candidati agli Oscar per l'occasione). Una terza nomination alla struggente colonna sonora di James Horner, carica di sfumature epiche.
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