Il commissario Betti, scomodo ai superiori per i suoi metodi poco ortodossi, viene trasferito da Roma a Napoli per combattere il crimine organizzato, ma anche la microcriminalità di strada che terrorizza i cittadini. Betti capisce subito chi è il suo principale nemico, il boss della camorra detto "O' Generale", forte di amicizie influenti che lo proteggono e di metodi spietati contro ogni oppositore, ma dovrà anche scontrarsi con un ambiente socialmente complesso e con i suoi capi che non ne tollerano il crudo approccio investigativo, in virtù del quale Betti utilizza spesso condotte analoghe a quelli dei malviventi. Vibrante "poliziottesco" di azione violenta di Umberto Lenzi, che appena qualche mese prima aveva diretto, con grande successo di pubblico, Roma a mano armata (1976) con Maurizio Merli e Tomas Milian mattatori protagonisti. Qui ritrova un tostissimo Merli, star assoluta del genere che in quegli anni divenne celebre per i suoi ruoli di poliziotto "di ferro" che combatte i delinquenti con il principio dell'occhio per occhio senza andare troppo per il sottile. Merli riprende il suo personaggio del commissario Betti dopo Roma violenta (1975) di Marino Girolami e lo scenario si sposta a Napoli, ma trama, situazioni e personaggi sono praticamente sempre gli stessi, fornendo agli appassionati del "poliziottesco" (che all'epoca erano tanti) quello che volevano vedere: azione frenetica, violenza truce, qualche indulgenza nel macabro, ideologia becera ed una polizia "forte", solitamente incarnata da un uomo solo che deve combattere contro il crimine e contro la burocrazia dei superiori, una sorta di "giustiziere" che risponde colpo su colpo alla brutalità con la brutalità. Sono filmetti aspri e crudeli, figli dei loro tempi, che ebbero un certo impatto sul pubblico medio per l'impressionante escalation di crimine e terrorismo che sconvolse gli anni '70 e creò un generale clima di sfiducia nelle istituzioni, paranoia collettiva e diverse tendenze a ricorrere al giustizialismo privato per potersi difendere. In generale stiamo parlando di autentici B-movies di grana grossa, nati per riempire il vuoto lasciato dallo "spaghetti western" ormai tramontato, ma questo Napoli violenta di Lenzi, pur possedendo tutti i limiti e i difetti del genere, ne è uno degli esempi più solidi e riusciti. Molto si deve all'ambientazione partenopea, al ritmo indiavolato, alla regia agile, alle musiche iconiche dell'esperto Franco Micalizzi ed alle formidabili scene d'azione che sono rimaste nella piccola storia del "poliziottesco" italiano. Tra queste citiamo la furiosa corsa in moto attraverso i vicoli di Napoli per attraversare la città nei 10 minuti sufficienti a costruirsi un alibi inattaccabile e l'inseguimento tra Betti e il bandito Casagrande sulla funicolare di Montesanto, in cui la pericolosa sequenza del commissario attaccato al tetto dei vagoni in movimento fu girata da Maurizio Merli in presa diretta e senza l'ausilio di controfigure. Il film riscosse un enorme successo al botteghino (specialmente in Campania), risultando uno dei maggiori risultati commerciali della carriera di Lenzi.
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