Il valente astronauta Roy McBride, uomo schivo, felicemente sposato ma evidentemente tormentato da dubbi interiori, viene reclutato per una missione cruciale: bloccare l'emissione di picchi di energia provenienti dal cosmo che colpiscono la terra e potrebbero comprometterne il futuro. La fonte del pericoloso campo energetico è un'astronave bloccata tra le lune di Nettuno su cui era partito, 30 anni prima, il padre di Roy, alla ricerca di altre forme di vita nell'universo, senza mai fare più ritorno. L'uomo parte per lo spazio profondo alla ricerca di un padre perduto e consapevole che, dietro questa minaccia incombente, potrebbe esserci il frutto dei suoi oscuri esperimenti. Che cosa troverà realmente Roy una volta là fuori? Ambizioso sci-fi intimistico di James Gray, visivamente raffinato, dal ritmo compassato, volto a stabilire una chiara connessione tra lo spazio e l'animo umano, tra l'esplorazione del cosmo e il viaggio interiore, alla scoperta di sè stessi. Le intenzioni di realizzare un film profondo, a suo modo filosofico, ascrivibile al filone di nicchia della così detta fantascienza "colta", introspettiva e distante dalla cricca popolare delle "guerre stellari", sono evidenti, ancorché dichiarate a tavolino. Il regista ha detto fin dall'inizio di ispirarsi a modelli alti (anzi, altissimi), come Kubrick e Coppola, definendo la pellicola come una sua versione di "Cuore di tenebra" (romanzo di Joseph Conrad da cui Francis Ford Coppola trasse il suo capolavoro Apocalypse Now) ambientata nello spazio. Il viaggio spaziale come metafora del percorso esistenziale e dello scandaglio psicoanalitico non è cosa nuova per il cinema e per la letteratura. Ma James Gray non possiede nè il talento visivo nè la capacità di astrazione necessarie all'altezza del compito. Specialmente di un compito così pretenzioso. Il risultato è, quindi, un film irrisolto e incompiuto, lodevole nelle intenzioni ma solo discreto nell'esito finale. I problemi maggiori sono nel manico e, anche, nella mancata omologazione tra spettacolo cinematografico e senso filosofico. Il presunto mistero, che dovrebbe essere il cuore dell'opera e l'oggetto dell'ossessione del protagonista, non è mai tale, e tutto avviene esattamente per come te lo aspetti (e senza che ci sia bisogno di particolari sforzi di fantasia). La confezione estetica è tanto bella quanto fine a sè stessa, mancano del tutto l'anima, la magia, lo spirito mistico a dare spessore ad una storia ben più banale di ciò che potrebbe sembrare nella prima parte. Buona interpretazione in tono sommesso di Brad Pitt, che ha anche prodotto il film. Completano il cast Tommy Lee Jones, Liv Tyler e Donald Sutherland. Il titolo deriva da una locuzione latina, spesso usata come incitazione: "per aspera ad astra". Ovvero: "attraverso le asperità sino alle stelle". Nel film le asperità sono evidenti. Le "stelle" un po' meno.
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