In un futuro imprecisato un gruppo di scienziati, guidati dal nobile Don Rumata, vengono inviati sul pianeta Arkanar per favorire la civilizzazione del suo popolo, sospeso in un medioevo barbaro. La condizione vincolante della missione è la rigorosa non interferenza attraverso atti violenti o intimidatori. Rumata, che si sente come un dio nei confronti dei primitivi abitanti di Arkanar, intende iniziare la sua azione partendo dagli intellettuali, che lui ritiene la migliore risorsa con cui allearsi dopo averli opportunamente "istruiti". Ma le difficoltà del suo progetto andranno oltre ogni aspettativa. Dal romanzo omonimo dei fratelli Strugackij, Aleksey German ha tratto il suo capolavoro, un colossale progetto a cui ha dedicato ben 13 anni di vita e che, a causa della sua morte, è stato ultimato dalla scrittrice Svetlana Karmalita e da suo figlio Aleksey junior. Attraverso l'entusiasmante esplorazione in steadycam di set che sembrano infiniti, percorrendo luoghi sempre diversi e scenari di ampio respiro epico, il regista ci immerge (letteralmente) in un macrocosmo rigorosamente "all'aperto" di elementi scenici, dettagli ornamentali, campi lunghi, uomini e bestie, acqua e fango, villaggi e pianure, vento e feci. Lo spettatore viene travolto da un abbacinante uragano di particolari visivi, esplorati dallo sguardo analitico dell'autore che riesce a creare un caos controllato di immagini artistiche e componenti allegorici, per regalarci un visionario affresco in movimento di un'intera civiltà, simbolo onnicomprensivo della storia umana, setacciato con crudo puntiglio (fin nei suoi aspetti più infimi e deteriori), ma pervaso da un senso pietoso che sublima il tutto in una dimensione superiore. Una dimensione che però ha ben poco di religioso, perchè la realtà mostrata dal regista è brutale e ferina, un'umanità abbrutita e così avvolta nei liquami dell'esistenza da essere incapace di concepire qualcosa di divino. Questo compito spetta all'autore (attraverso la sua proiezione Don Rumata). E' la sua sfida, il suo talento e il suo tormento. E' lui il vero ed unico deus ex machina di questo immenso mondo/set fanta-storico, un mondo dove le minuzie scenografiche sono come personaggi, un mondo di pregnante immanenza, fotografato in un magnifico bianco e nero spettrale.
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