Il vecchio Earl Stone è un floricoltore dell'Illinois, ossessionato dalla coltura di un fiore magnifico e fragile, che vive solo per un giorno. Bandito dalla famiglia per il suo carattere rigido e scostante, viene travolto dalla crisi economica ed è costretto a vendere la sua casa, conservando solo un inossidabile pick-up, con cui si vanta di aver attraversato l'intera America del Nord senza mai prendere una multa. Ed è proprio la sua affidabilità nella guida che attira l'attenzione di un losco figuro che gli propone un lavoro ben remunerato: trasportare droga per un cartello messicano dal Texas a Chicago. Earl accetta e la sua posizione di anziano incensurato lo rende praticamente invisibile alle forze di polizia. Ma la scoperta della grave malattia della sua ex moglie complicherà i suoi piani e riaccenderà vecchi sensi di colpa. Nuova grande lezione di cinema classico da parte del granitico Clint Eastwood (affidabile, inossidabile ed "eterno" come il pick-up del suo personaggio), per il quale è ormai difficile trovare nuovi aggettivi senza il rischio di una tediosa ripetizione. Questo suo nuovo (ultimo? sinceramente abbiamo qualche dubbio in proposito) testamento cinematografico è un road movie appassionato e simbolico, in cui la vicenda crime è solo un pretesto per un viaggio spirituale nell'animo di un uomo roccioso e tormentato, pieno di rimorsi e alla disperata ricerca inconscia di un percorso di espiazione e redenzione, inevitabilmente doloroso. E, credo, che nessun altro potesse dirigere ed interpretare un personaggio simile meglio di Clint Eastwood, che continua costantemente a migliorarsi invecchiando, come il buon vino. Un nuovo personaggio iconico ed un nuovo tassello da apporre al monolitico monumento della sua leggenda, del suo volto di pietra scavato dalla polvere del tempo ma ancora indomito, mai realmente pacificato, sempre pronto a rimettersi in gioco. Ispirato a una storia vera (come quasi sempre il nostro ama fare), questo nuovo lavoro del grande Clint (il suo 37-esimo lungometraggio da regista) è un'elegia potente, intima e malinconica sugli ultimi chilometri del viaggio della vita, sulla vecchiaia, sulla famiglia, sui rimpianti e sulla catarsi. Perchè nel cinema orgogliosamente libertario di Eastwood c'è sempre spazio per un ravvedimento, anche postumo, ma rischiarato dalla quieta luce della saggezza, di chi esibisce con fierezza tutte le sue rughe ed ha ormai superato l'angoscia della morte. E, oltre al protagonista, va anche ricordato il solito grande cast (Bradley Cooper, Michael Peña, Dianne Wiest, Andy García e Laurence Fishburne), come sempre diretto in maniera impeccabile, con l'abituale stile secco e calibrato. Lo stile di un autore da tempo illuminato dal sereno bagliore del suo stesso mito.
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