sabato 10 aprile 2021

Jojo Rabbit (2019) di Taika Waititi

Nella Germania del 1945 Jojo è un bambino di 10 anni, che ha perso il padre al fronte e vive da solo con la madre Rosie, donna volitiva e affettuosa. Jojo è membro felice della gioventù hitleriana e "vede" uno strambo amico immaginario con le sembianze di Adolf Hitler. Quando scopre che sua madre ha nascosto in casa una bella ragazzina ebrea di nome Elsa, per salvarla dallo sterminio, tutto il suo mondo di presunte "certezze" inizia a vacillare. Agile commedia nera del comico neozelandese Taika Waititi, qui nel triplo ruolo di regista, sceneggiatore e attore (nei panni del Führer Hitler). Liberamente ispirato al racconto "Caging Skies" di Christine Leunens, è un irriverente libello farsesco contro il nazismo e, più in generale, contro tutti i pregiudizi razziali. Carico di scene esilaranti ben congegnate, volte a ridicolizzare la tronfia arroganza ideologica delle dittature e, in particolare, della sua icona più malefica (Adolf Hitler), sa alternare sapientemente anche momenti drammatici e riflessivi, raffigurando con magica lievezza il rapporto di amicizia che progressivamente sboccia tra i due giovanissimi protagonisti, il piccolo "nazista" e la giovane ebrea. I due attori in erba, Roman Griffin Davis e Thomasin McKenzie, fanno un lavoro eccellente, rendendo il tutto credibile, spontaneo e toccante. Molto brava anche la star Scarlett Johansson (candidata all'Oscar per l'occasione) nel ruolo di una compassionevole e determinata "madre coraggio", una figura fondamentale nell'economia della vicenda, intesa a dimostrare che non tutti i tedeschi erano "cattivi". Servendosi delle medesime armi della satira irridente contro l'odio nazista, già utilizzate con risultati straordinari in passato da maestri come Chaplin o Lubitsch, Waititi intende mettere a fuoco due aspetti cruciali: gli effetti condizionanti dell'ambiente in cui cresci sulla mente dei bambini (innocenti a prescindere) e la possibilità di "redimersi", di annullare il lavaggio del cervello subito, dando ascolto ai propri sentimenti, alla propria capacità di empatia, conoscendo davvero le persone piuttosto che giudicarle per preconcetti ideologici. La morale del film, tanto edificante quanto potente, è che non esistono categorie di persone. Esistono, invece, le persone, e vanno "giudicate" attraverso il cuore e la frequentazione. Una "fiaba" divertente e amara, con inevitabile messaggio educativo incluso, ma declamato con la giusta lievezza, senza melensi paternalismi. Il film ha vinto un Oscar alla sceneggiatura non originale, assegnato al "mattatore" Taika Waititi.
 
Voto:
voto: 3,5/5

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