Rinko è una giovane donna sposata con Shigehiko,
uomo ricco e molto più vecchio di lei, con cui non ha più rapporti sessuali da
anni. L’inerzia della sua vita viene spezzata da un maniaco che la perseguita con
un piano ricattatorio, minacciando di mostrare a tutti delle foto in suo
possesso che la ritraggono in atti masturbatori. In cambio del suo silenzio il
misterioso individuo costringe Rinko ad atteggiamenti sempre più spregiudicati
dal punto di vista sessuale, coinvolgendola in un morboso gioco erotico in cui,
ben presto, coinvolgerà anche il marito. In breve tempo il maniaco diventerà il
regista nascosto della nuova perversa vita sessuale dei due coniugi. Potente
dramma visionario del talentuoso Tsukamoto, sotto forma di apologo, sofisticato
e “maledetto”, sulla malattia e sulla carne. Sono infatti questi, più che il
sesso, i veri cardini di questo film estremo ed intimamente violento, perché
tutti i protagonisti del “triangolo” sono malati, nel corpo o nell’anima, in
maniera differente ed il sordido “gioco” messo in atto dal misterioso deus ex machina vale come viscerale
invito affinché l’uomo si riappropri della sua carnalità e della sua capacità
di vivere intensamente le pulsioni. In un mondo malato (di tecnologia, di
materialismo, di indifferenza e di noia) l’esortazione al recupero di una
sessualità corporea vale come un monito di possente valenza profetica. Ricco di
allegorie, di invenzioni visive e di ossessioni psicologiche (il voyeurismo
dello sguardo) si avvale di un’estetica sontuosa (la splendida fotografia in
bianco e nero che vira nel blu) e di ambientazioni di grande fascino simbolico.
La pioggia (l’acqua è uno degli elementi iconici più evidenti dell’opera) è una
sorta di autentico coprotagonista e, per questo, la pellicola è stata girata nel
mese di giugno che, in Giappone, coincide con la stagione delle piogge torrenziali.
Premiato al Festival del Cinema di Venezia con il Premio Speciale della Giuria
nella sezione Concorso Controcorrente, è stato il primo film del regista ad
essere distribuito nelle sale italiane. E come per tutte le sue opere anche per
questa, torbida, geniale e disturbante, non sono ammesse le mezze misure: o la
si ama o la si odia.
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