Kate
Miller è una casalinga sessualmente repressa in cura presso lo psicologo Robert
Elliott. Dopo aver consumato un rapporto sessuale con uno sconosciuto
incontrato al Metropolitan Museum of Art, viene brutalmente uccisa a rasoiate
mentre sta lasciando una camera d’albergo. Al delitto assiste per caso la
squillo Liz Blake che accusa dell’omicidio una donna bionda vestita con
impermeabile nero, ma diventa la prima sospettata dalla polizia. Peter, figlio
della vittima, contatta la ragazza e inizia a indagare insieme a lei cercando
di scoprire l’assassino della madre. Intanto il dottor Elliott trova in
segreteria telefonica un messaggio di un transessuale di nome Bobbi, suo
paziente, che si accusa della morte di Kate e rivela che il suo prossimo
bersaglio sarà la testimone Liz. Così lo psicologo si unisce alla coppia di
improvvisati investigatori per stanare il colpevole. Celebre thriller erotico
di Brian De Palma, tra i più belli e riusciti degli anni ’80, che rivisita la lezione
hitchcockiana (citando a ripetizione Psycho
e Vertigo)
alla luce di una furiosa estetica della violenza e della sessualità, in cui
carne e sangue, voyeurismo e perversione, sensualità e psicopatia si mescolano
in un mix formidabile di citazioni, barocchismi, colpi di scena, patos ansiogeno
e momenti di grande cinema. L’autore non si limita all’omaggio pedissequo del
suo regista preferito, ma ne rielabora i codici della visione, amplificandoli e
rinnovandoli, per ottenere la massima esaltazione della geometria dello sguardo.
Il suo sguardo registico mira a comporre dentro lo schermo/cornice tutto ciò
che l’immagine può dire, innescando, con estrema raffinatezza, quel triangolo
comunicativo che unisce spettatore, immagine e macchina da presa in un processo
cognitivo che scambia i ruoli e scompagina i punti di vista, creando così una
malia di fosca sospensione che punta all’essenza del patos visivo. L’audace
esplicitazione degli aspetti erotico-morbosi (che con Hitchcock rimaneva perennemente
nel sottotesto) va letta alla luce della nuova estetica post 70’s che ha visto
l’abbattimento di molti tabù e la ridefinizione del comune senso del pudore, in
favore di una rinnovata aggressività visiva. Le citazioni ossessive, le
atmosfere caricate, l’ambiguità dei personaggi, il manierismo formale, l’utilizzo
estroso del metacinema; tutto concorre al risultato finale e tutto diventa
simbolo, marchio di fabbrica, feticcio, di un autore che ha fatto del talento
visionario la sua più evidente connotazione artistica. Nel ricco cast vanno sicuramente
citati Michael Caine, Angie Dickinson, Nancy Allen e Keith Gordon. Assolutamente
memorabile la lunga sequenza dell’inseguimento nel museo, una delle vette stilistiche
dell’estro di De Palma. Splendida la colonna sonora del fidato Pino Donaggio, i
cui capolavori musicali composti per il regista italoamericano hanno lasciato
un segno indelebile nella storia del thriller. Alla sua uscita il film destò
non poche polemiche per le sue scene ad alto tasso erotico e per l’immagine,
secondo alcuni degradante, che veniva offerta dell’universo femminile. Un’altra
celebre diatriba legata alla pellicola è quella relativa alla sequenza iniziale
in cui appare il corpo nudo di Kate Miller: la notizia trapelata che il corpo
non fosse della Dickinson (che è stata un sex
symbol degli anni ’70), ma quello di una controfigura, causò un certo
sconcerto nel pubblico. Ma proprio da questa controversia De Palma trasse lo
spunto per uno dei suoi capolavori successivi, Body
Double, che in inglese vuol dire, appunto, “doppio corpo” ovvero
controfigura.
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