Nella Londra degli anni ’80, Dennis Cleg,
detto “Spider”, viene dimesso dall’ospedale psichiatrico in cui era ricoverato
e viene accolto da una struttura di reinserimento sociale, posta nel quartiere
dove è cresciuto. Tra dolorosi ricordi del passato, visioni allucinate e incubi
distorti ad occhi aperti, “Spider” cerca disperatamente di rimettere insieme i
fili della sua tormentata vita di schizofrenico, continuando a vedere il volto
di sua madre, tragicamente morta molti anni prima, in ogni donna che incontra.
Angosciante horror interiore di Cronenberg, tratto dal romanzo omonimo di Patrick
McGrath che lo ha anche sceneggiato insieme al regista. Sotto forma di oscuro
viaggio allucinato nella psiche di un soggetto mentalmente disturbato, questo
thriller escheriano di matrice edipica segna l’apice del discorso dell’autore
canadese sulle influenze della mente nei comportamenti umani, riuscendo
nell’impresa di materializzare le sue atmosfere morbose e farne racconto,
spargimento interiore, frantumazione della memoria, rifrazione caotica dei
ricordi. Cronenberg ci immerge letteralmente nella prospettiva alienata del
protagonista, la cui coscienza disgregata ci sconvolge come un labirinto di
specchi infranti, e ci avvolge in un racconto claustrofobico di struttura
circolare e di possente malia visionaria, basato più sulla percezione che sulla
narrazione. Sul confine sottile tra senso di colpa e rimozione inconscia,
questo tetro dramma dell’anima fa coincidere il mondo interiore di “Spider” con
gli ambienti esterni, cupi e degradati, di una Londra da incubo, e pone al
centro della sua straniante carica ambigua l’eterna incompatibilità tra
pulsione sessuale e figura materna, alla base del conflitto edipico. Magistrale
il lavoro registico compiuto da Cronenberg che riesce a far coesistere nella
stessa inquadratura passato e presente, spiazzando lo spettatore e conducendolo
sull’orlo dell’abisso senza però mai mostrargliene esplicitamente il volto. La
spirale implacabile di suggestioni disturbanti si avvolge su di noi dando forma
concreta ai ricordi di “Spider”, giocando abilmente sul filo sottile tra verità
e menzogna nel tentativo (riuscito) di affrescare la follia sui muri consunti e
sulle tappezzerie fatiscenti che fanno da opprimente corredo scenografico. Un
incubo inesorabile e notturno in cui sarà inevitabile perdersi, abbandonandosi
al “piacere” del trip psicologico che
ottunde la ragione e scuote i sensi. Straordinarie le interpretazioni di Ralph
Fiennes e Miranda Richardson, che possono essere maggiormente apprezzate in
versione originale per l’incredibile lavoro compiuto sulle sfumature
linguistiche.
Voto:
Nessun commento:
Posta un commento