martedì 17 maggio 2016

Revolutionary Road (Revolutionary Road, 2008) di Sam Mendes

Scene da un matrimonio sotto forma di spietata analisi autoptica che intende svelare, non senza feroce cinismo, il sottobosco di compromessi, ipocrisie e falsità su cui si fonda la vita di coppia, “benedetta” e omologata dal rito istituzionale imposto dal conformismo. Frank e April Wheeler sono una coppia apparentemente felice e impeccabile nell’America ingenua e reazionaria degli anni ’50: giovani, belli, sani, benestanti, ambiziosi e rigogliosi nella loro fiera esuberanza borghese, non priva di fervori culturali. Ma sotto la facciata dorata, la bella casa con giardino e le buone maniere, si celano abissi di frustrazione, incomprensioni, rimpianti, tradimenti e menzogne che sfoceranno presto in tragedia. Dall’omonimo romanzo di Richard Yates del 1961, Sam Mendes ha tratto un’allegoria disperata ed agghiacciante della relazione coniugale, sviscerata con lo sguardo asettico di un patologo che esamina un cadavere e ne ricerca le cause del decesso. Priva d’ironia e carica di amarezza, quest’opera austera e impeccabile crea un fertile contrasto tra la sua forma estetica, elegante e un po’ imbellettata, e la desolante asprezza dei contenuti. In questo evidente dissidio l’autore gioca, abilmente e con caustica irriverenza, sul medesimo concetto che sta alla base dell’opera: lo sporco che si annida sotto lo zerbino luccicante della famiglia borghese. Emblematica e dissacrante, in tal senso, anche la scelta dei due protagonisti: Leonardo DiCaprio e Kate Winslet, indelebilmente impressi nell’immaginario collettivo come simboli viventi della coppia romantica dopo le peripezie amorose a bordo del Titanic. Non tutti hanno gradito l’impassibile freddezza di questo film crudele, che procede come un treno verso un inevitabile finale, ma è raro trovare oggi, nel cinema americano, tanta coerenza stilistica, tanta lucidità di visione e tanta capacità di criticare un mondo (la società conservatrice dell’ottimismo capitalistico degli anni ’50), uno stile di vita (il modello maschilistico secondo cui la donna era costretta a sottomettere le sue aspirazioni ai doveri coniugali) e un’istituzione (il matrimonio da esibire come paravento e spesso fondato sull’inganno reciproco). Nel cast sontuoso, che ai due divi sopra citati accompagna Michael Shannon, Kathy Bates, Kathryn Hahn e Max Casella, spiccano la Winslet (come al solito bravissima) e il sorprendente Shannon, mentre DiCaprio appare col freno a mano tirato nel ruolo del meschino Frank Wheeler. Belle le musiche di Thomas Newman, la fotografia di Roger Deakins e la ricostruzione storico ambientale della middle class degli anni ’50.

Voto:
voto: 4/5

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