Mike e Scott sono due giovani, sbandati e tossicodipendenti, che si prostituiscono
in strada, vendendo il loro corpo a uomini e donne, per trovare i soldi per la
droga. Mike è malato di narcolessia, si addormenta di colpo quando è sotto
stress e, quindi, perde spesso il senso dell’orientamento. Scott è di famiglia
agiata, con un padre sindaco dispotico che non ne ha mai saputo capire il
disagio interiore. Legati dalla complicità della vita di strada ma anche da un
forte sentimento (Mike è innamorato di Scott), i due condividono un lungo
viaggio attraverso gli USA fino all’Italia, alla ricerca della madre di Mike,
che lo ha abbandonato da piccolo. Giunti a Roma, il più cinico Scott perde la
testa per una ragazza italiana e lascia da solo l’amico, abbandonandolo al suo
destino da reietto, tra droga e prostituzione. Scioccante dramma esistenziale
sul mondo del degrado giovanile, di quei figli ribelli e maledetti di
un’America indifferente e opulenta, che ha costruito il suo futuro sul
materialismo, sull’arrivismo e sulla prevaricazione, dando origine a generazioni
di sbandati viziati e senza speranza, incapaci di confrontarsi con questo mondo
spietato. L’analisi del regista è lucida e cruda, tra Pasolini, Warhol, Welles,
Lynch, Lewis Carroll e con vaghe suggestioni shakespeariane (il personaggio di Scott
è in parte modellato sul principe Hal della tragedia “Enrico IV”). Il ritratto di questi giovani emarginati e
sessualmente famelici è di quelli che restano, vivido e struggente, a tratti
raffinato nella sua prospettiva omosessuale con suggestioni psicoanalitiche. Lo
stridente contrasto tra le tematiche sordide e la sontuosa confezione figurativa
dell’opera (che si avvale di geniali invenzioni registiche e di esuberante
visionarietà), conferisce al tutto un magnifico taglio straniante ed un fascino
spudorato, che ne ha sancito lo stato di cult assoluto presso il pubblico
giovanile. La furiosa fotografia pittorica, densa di cromatismi violenti ed
esasperati, va letta nell’ottica dello stato perennemente allucinato del
protagonista Mike, dovuto sia all’abuso di droghe che alla sua patologia che ne
accentua lo smarrimento. Il film procede formalmente tra la ricercatezza del
ritratto barocco e la crudeltà del documentario realistico, con una visione
diadica in costante oscillazione tra sogno e realtà, normalità e alienazione,
ricchezza e povertà, intimità e distanza. Mike e Scott sono i due poli dell’oscillazione:
il primo cerca con rabbia una normalità negata a cui anela da sempre e che
idealizza nella figura di una madre perduta. Di contro il narcisistico Scott
cerca di rinnegare le sue radici borghesi, forse per punire inconsciamente il
ricco padre che nella vita gli ha saputo dare soltanto ordini e beni materiali.
La dimensione onirica che permea il film è intimamente connessa al personaggio
di Mike, mentre Scott è, evidentemente, in sintonia con il realismo, con la
distanza e con il freddo calcolo. Il mondo idealizzato dell’infanzia a cui Mike
cerca di tornare (quell’Idaho privato a cui si riferisce il titolo originale,
il cui senso profondo viene totalmente perduto nel discutibile e banalissimo
titolo italiano) rappresenta l’archetipo ancestrale di tutte le mitologie
americane (terra, casa, famiglia). Questo è il film più intimo e privato
dell’autore, quello in cui egli si abbandona liberamente ai ricordi, agli
incubi, ai suoi gusti estetici e alla sua visione dell’omosessualità. Non a
caso una delle sue ambientazioni è Portland, la città dove Van Sant vive e lavora
da anni. La sessualità trasgressiva mostrata nella pellicola non è mai
ammiccante o volgare, ma glaciale e distaccata. I corpi sono raffigurati come
statici e androgini, quasi privi di sessualità e, più che all’erotismo, fanno
pensare alla morte. Nel cast ci sono River Phoenix (autore di
un’interpretazione straordinaria), Keanu Reeves, James Russo e la nostra Chiara
Caselli. Il compianto River Phoenix, da molti indicato come possibile erede di James
Dean (con cui ha condiviso il tragico destino di morte prematura), vinse, per
questo ruolo, la Coppa
Volpi per la migliore interpretazione maschile alla Mostra del
Cinema di Venezia. Questo intenso ritratto onirico di un’America sfrontata e
maledetta ha consacrato definitivamente il suo autore come uno tra i più grandi
esponenti del cinema indipendente d’oltre oceano.
Voto:
Fotogrammi di un genio
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