Negli
anni della seconda guerra mondiale la bellissima Malèna Scordia è la donna più
ammirata del paese siciliano in cui vive, oggetto del desiderio di tutti i
maschi, che nutrono un’autentica ossessione nei suoi confronti, e ricettacolo
delle invidie velenose della popolazione femminile. In particolare
l’adolescente Renato,
in piena tempesta ormonale, è morbosamente attratto dalla donna, che popola
tutti i suoi sogni erotici, al punto di pedinarla e spiarla ad ogni ora della
giornata. Quando Malèna riceve la notizia della morte del marito, partito in
guerra, inizia per lei un difficile percorso di traversie personali che si
protrarranno per tutta la durata del conflitto mondiale, passando da una
schiera di amanti chiacchierati all’esercizio della prostituzione durante
l’occupazione nazista, fino ad un’insana esplosione di rabbia popolare nei suoi
confronti. Nonostante tutto il giovane Renato non l’abbandonerà mai e resterà
sempre il muto testimone adorante della sua vita. Tornatore ritorna alla
Sicilia della sua infanzia, adattando un soggetto di Luciano Vincenzoni e dando
vita ad un malinconico dramma sentimentale, denso di metafore e di omaggi verso
i suoi ricordi e le sue passioni, innanzi tutto cinematografiche. Tra immagini
di possente respiro epico e cadute di stile, tra la nostalgica elegia di una
Sicilia mitizzata e la sferzante critica sociale che non ne nasconde il volto
gretto, retrogrado e conformista, l’autore tratteggia un affresco appassionato
all’erotismo carnale di Malèna (Monica Bellucci), trasformandola in
icona del desiderio, allegoria dei sogni impossibili e simbolo voluttuoso della
magia del Cinema. Quel cinema che ha irreversibilmente affascinato l’animo del Tornatore
bambino, rendendolo spettatore devoto ed ammaliato, prima che
regista ambizioso, proprio come avviene a Renato nei confronti della sua musa
tentatrice. Come spesso accade nelle opere dell’autore, l’enfasi retorica a
volte travalica la materia narrativa, creando un evidente squilibrio tra i
momenti alti (che di certo non mancano, perché Tornatore possiede un grande
senso dello spettacolo cinematografico) e quelli incongrui, tra eccessi di voyeurismo
e sequenze kitsch. La banalità della storia, l’eccesso
macchiettistico di alcuni personaggi e una certa ridondanza
espressiva sono riscattate dalla sontuosa confezione estetica, che trova i suoi
punti di forza nell’imponente ricostruzione storico ambientale, nella bella
fotografia solare di Lajos Koltai e nelle struggenti musiche di Ennio
Morricone, che per questo film ha ricevuto la quinta candidatura agli Oscar
della sua leggendaria carriera. La scelta di non far parlare (quasi) mai la Bellucci (la sua prima
battuta arriva dopo circa cinquanta minuti), si è rivelata vincente, in tutti i
sensi. Per questo film disomogeneo i fans del regista avranno di che godere,
mentre i suoi detrattori potranno altresì sbizzarrirsi nelle invettive.
Voto:
Nessun commento:
Posta un commento