Lucy, una diciottenne americana orfana di
madre, viene mandata dal patrigno in Italia per una vacanza, ospite di due
inglesi, amici di famiglia, in una villa rustica sulle dolci colline senesi del
Chianti. L’arrivo della bella Lucy turberà la tranquilla quotidianità
dell’ambiente rurale, una sorta di comune dove convergono artisti, giornalisti,
antiquari, intellettuali e borghesi, amici degli accoglienti proprietari e provenienti
da paesi diversi. In questo clima solare e rigoglioso, la ragazza perderà la
sua verginità e avrà modo di scoprire l’identità del suo padre biologico. L’opus numero 13 di Bertolucci, che non
girava in Italia dal 1981, è un sereno melodramma, sospeso tra leggerezza e
malinconia, costruito su un percorso di crescita sentimentale, sessuale e
morale; quello della giovane Lucy, la cui bellezza acerba e sensuale,
attraversa tutta la scena del film magnetizzando le attenzioni. Manierista e
sofisticato, qua e là artificioso come i suoi personaggi, tiene fuori campo la
società italiana, esalta la magia dei paesaggi toscani e si consegna
impunemente all’esplorazione voyeuristica del corpo di Lucy (Liv Tyler),
accarezzato dallo sguardo del regista con compiacente sensualità, non priva di
poetico erotismo. Il variopinto mondo degli adulti, attraversato dalla ragazza
con impudente curiosità, è un triste campionario di fasulla leziosità, popolato
da spettri evanescenti, tronfi e innaturali, simboli di un’ideologia
farraginosa, posta in stridente contrasto con la passione esuberante dell'adolescente. La doppia ricerca di Lucy (la propria identità sessuale e quella del
suo vero padre) è anche rivolta al superamento di un “blocco” che la giovane
sembra avere, un ostacolo provocato più da fattori ambientali esterni che da
una libera scelta individuale e il cui scavalcamento passa, necessariamente,
attraverso la donazione di sé. Il titolo originale allude all’idea dell’arte
che “ruba” la bellezza altrui, metafora presente in vari cenni nella pellicola.
Del ricco cast, oltra alla già citata protagonista, vanno ricordati Jeremy
Irons, Sinead Cusack, Donald McCann, Rachel Weisz, Joseph Fiennes e Stefania
Sandrelli. Nel suo esibito francesismo lezioso, questo film discontinuo e
leggero vale più come esercizio di stile che come opera di spicco nella
ricca filmografia dell’autore.
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