Rupert Pupkin è un aspirante attore che
annaspa tra continui insuccessi, pur essendo convinto di essere un genio
comico. All’apice della frustrazione sequestra un grande divo della tv, Jerry
Langford, che lo ha sempre bistrattato, per convincerlo ad apparire nel suo
celebre show televisivo, “The King of Comedy”. Così lo strampalato Pupkin avrà
finalmente lo spazio mediatico a lungo atteso ed otterrà un incredibile
successo di pubblico. Ma, alla fine, dovrà andare in prigione per il suo gesto.
Brillante e feroce commedia nera sul rampantismo dei guru televisivi e sul
cinismo di un mondo spietato come quello dello spettacolo, pronto a renderti un
divo in un attimo (i famosi “15 minuti” di Andy Warhol) per poi dimenticarti
l’istante successivo. Intrisa di sottile malinconia e di paranoico surrealismo
grottesco, è anche una caustica riflessione sui rituali tribali del pubblico di
massa, i cui umori volatili, facilmente influenzabili da imprevedibili fattori,
determinano destini e carriere di altre persone. Il senso anarcoide dell’opera
ed il suo presunto elogio della ribellione (che è invece una profonda critica a
un sistema disumanizzante fondato sull’inganno demagogico), la resero invisa
alla critica ed anche il pubblico dell’epoca non riuscì a coglierne il sottile
potenziale dissacrante. Fu, quindi, un clamoroso insuccesso che condusse il
regista sull’orlo del tracollo finanziario al punto che, per i suoi film
successivi, egli dovette ricorrere alle produzioni indipendenti. Il confine
sottile tra “regalità” e “buffoneria”, che sta alla base della pellicola, ne
costituisce l’elemento di maggior fascino e la consacra come lucida parabola
acida sulle contraddizioni dello show
business, dove l’audience conta
più della notizia ed il successo si vende “al chilo”. Chi ci ha voluto cogliere
una critica al “tutto e subito” del mito americano del self made man, lo ha probabilmente caricato di eccessivi intenti.
Grandi le interpretazioni dei due interpreti principali: un bizzarro Robert De
Niro (alla sua quinta collaborazione con Scorsese) sempre sopra le righe ed un
sornione Jerry Lewis sempre sotto. Il tempo ha concesso al film un meritato
stato di cult e la giusta rivalutazione.
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