Laio e Giocasta, sovrani di Tebe, apprendono
da una profezia che il loro figlio appena nato, Edipo, ucciderà il padre e
sposerà la madre. Per evitare che ciò avvenga ordinano a una guardia di portare
via il piccolo per ucciderlo ma questi, non trovandone il coraggio, lo
abbandona al suo destino. Raccolto da un pastore, Edipo viene portato a Corinto
dove viene allevato dal re della città che non può procreare. Una volta adulto
decide di recarsi dall’oracolo per conoscere le sue origini e il suo futuro, ma
lungo la strada incontra il suo vero padre Laio, ormai vecchio, accompagnato da
alcune guardie. Tra i due scoppia una lite e il furente Edipo li uccide tutti,
ignorando l’identità di quel vecchio che lo aveva offeso. Nel suo vagare giunge
a Tebe, dove libera la città dalla Sfinge, un mostro infernale, e, come premio,
sposa la regina Giocasta, rimasta vedova. Quando un giorno apprenderà la verità
dall’indovino Tiresia, Edipo, folle di dolore, si acceca, mentre sua madre Giocasta
si toglie la vita. Dopo aver lasciato Tebe egli diventa un povero cieco mendico
che vaga di luogo in luogo suonando il flauto. Fedele adattamento pasoliniano
della celebre tragedia di Sofocle, mirabilmente impreziosito da tocchi
autobiografici (l’autore sovrappone l’amara vicenda di Edipo ad aspetti della
sua vicenda personale), geniali invenzioni (il prologo e l’epilogo nel mondo
moderno a fare da emblematico contenitore), splendide scenografie, immagini di
plastico vigore ed una possente carica tragica in miracoloso equilibrio tra
eleganza e barbarie. I temi centrali del film sono l’ineluttabilità del destino
umano e la colpevolezza dell’innocenza, in una sorta di antitesi del concetto
di peccato originale. Edipo è il simbolo universale dell’uomo (sia antico che
moderno), che procede ignaro verso il proprio fato senza rendersi conto di
andare incontro alla catastrofe. Con l’efficacia del suo stile scarno ed
essenziale, l’autore rilegge, rispettandola, la grande tragedia classica,
donandogli un innovativo accento sperimentale ed una carica primordiale che
lascia atterriti per il suo intenso rigore. Straordinario l’utilizzo straniante
delle musiche che accostano Mozart ai canti tribali del Marocco, in cui sono
state girate tutte le sequenze in esterni. Nel notevole cast compaiono Franco
Citti, Silvana Mangano, Alida Valli, Carmelo Bene, Julian Beck, Ninetto Davoli.
La più brava è la Mangano,
in un personaggio di dolente e sensuale ambiguità. E’ il migliore tra i film
mitologici di Pasolini, che si ritaglia anche un piccolo ruolo come gran
sacerdote.
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