Il
giovane Stephen Meyers è un talentuoso guru della comunicazione che si occupa,
in qualità di vice responsabile, della campagna stampa del governatore
democratico Mike Morris, in lizza per la presidenza degli Stati Uniti. Tentato
dalla concorrenza, con cui accetta un incontro per soddisfare la propria
vanità, viene scoperto dal suo supervisore, l’esperto Paul Zara, e finisce per
perdere il posto. Quando Meyers intuisce che dietro la tragica fine di una
giovane stagista, morta per overdose di pillole, c’è un possibile scandalo
sessuale che coinvolge il governatore, decide di sfruttare la situazione a suo
vantaggio. Lucido thriller politico diretto da Clooney con aspro cinismo e con un
oscuro senso tragico che guarda ai grandi drammi storici di matrice
shakespeariana. Fedele alla tradizione dei classici del cinema d’impegno civile
degli anni ’70 (a cui il regista chiaramente si ispira), il film va ben oltre
il tema degli intrighi politici e della congiure di palazzo, per ergersi ad
amaro apologo sulla rapacità, sull’opportunismo e sulla doppiezza morale che
sono alla base di quell’arrivismo incarnato dal sogno americano. La messa in
scena teatrale, forte di una solida sceneggiatura scritta dallo stesso regista insieme
a Grant Heslov e Beau Willimon, e lo stile lineare si mettono totalmente al
servizio di un cast di star in gran forma, tra cui citiamo Ryan Gosling, Philip
Seymour Hoffman, Paul Giamatti, Evan Rachel Wood, Marisa Tomei e lo stesso
Clooney nei panni del subdolo Mike Morris. L’evoluzione del personaggio di Gosling
assume la forma di un cinico romanzo di formazione sulla perdita dell’innocenza
e sulla caduta delle utopie di un sistema politico ferocemente pragmatico e spietatamente
amorale, pronto a sacrificare ogni cosa sull’altare del potere. In quest’opera
dall’anima nera, purtroppo drammaticamente realistica ma priva di qualunquismo
di maniera, c’è però ampio spazio per una fiera indignazione civile (quella che
il regista intende suscitare nello spettatore), più che per la pessimistica
rassegnazione che alcuni ci hanno voluto vedere. Clooney conferma il suo
approccio registico classico e il suo ammirevole rigore etico in una pellicola
amara, densa di corrosiva denuncia e di maturo disincanto. Efficace la colonna
sonora di Alexandre Desplat, capace di suggerire la giusta enfasi tragica nelle
scene madri.
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