Milano 1943: il truffatore Bardone, che
campa di espedienti, viene arrestato dalle SS tedesche con l’accusa di avere
incassato illegalmente somme di denaro dai parenti dei prigionieri fucilati
dall’invasore germanico. Durante l’interrogatorio l’ufficiale nazista che lo
accusa si rende conto della sua grande abilità e decide di usarlo per i suoi
scopi. Per salvarsi dalle accuse Bardone accetta di collaborare con il nemico e
finge di essere il generale Della Rovere, mandato dal governo Badoglio. Nel suo
nuovo ruolo si reca al carcere di San Vittore per raccogliere le confidenze dei
partigiani prigionieri, in modo da passare preziose informazioni al comando
tedesco sui piani dei rivoltosi. L’uomo si calerà a tal punto nella parte di
grande eroe della Resistenza italiana da diventarlo per davvero. Tratto da un
racconto di Indro Montanelli, è uno dei film più famosi di Rossellini, che vede
il suo ritorno alle tematiche inerenti alla seconda guerra mondiale. Vinse il
Leone d’Oro al Festival del Cinema di Venezia, ex aequo con La
grande guerra di Monicelli, ed ebbe un grande successo di pubblico, ma
divise la critica e fu anche duramente contestato per la sua visione della
Resistenza come “conversione al bene e al
sacrificio di sé”. Dal punto di vista tecnico è un film impeccabile, con
tecniche di ripresa innovative, ricordato da molti anche perché fu il primo
film italiano in cui venne utilizzato lo zoom. Va comunque detto chiaramente
che è uno dei film meno originali e più semplici del grande Maestro italiano,
nettamente inferiore rispetto ai suoi grandi capolavori che hanno segnato la
storia del cinema. La prima parte, una commedia dai risvolti drammatici molto
agile e concisa, è la migliore. Nella seconda si scivola decisamente nella
retorica sentimentale, con un finale tragico (e non molto credibile) che cerca
l’enfasi melodrammatica nel modo più spudorato. La vera forza del film sta
nella straordinaria interpretazione di Vittorio De Sica, in un esercizio di
temperato istrionismo, che incantò e commosse il pubblico con la sua carica
umana fiera e dolente. De Sica, che come attore si era sempre cimentato in
ruoli brillanti, leggeri e goliardici, aveva molto timore di interpretare
questo personaggio così intenso e drammatico, che nel corso della pellicola
subisce anche una profonda trasformazione interiore (da cialtrone a martire).
Ma in questo suo primo ruolo “serio” come attore, egli ci ha saputo offrire una
prova maestosa, con classe e malinconia, probabilmente la migliore in assoluto
della sua carriera. E parte del merito va di certo attribuito anche alla mano
esperta di Rossellini regista. Al di là di ogni giudizio storico, politico ed
artistico sul film, bisogna riconoscere che è comunque un evento fantastico
veder lavorare insieme due grandi Maestri del Neorealismo italiano ed è
emblematico che ciò sia avvenuto in una pellicola che tratta di un tema da
sempre controverso, come quello della Resistenza al nazifascismo.
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