Peggy Sue è una bella quarantenne carica
di rimpianti per un matrimonio precoce che le ha fatto perdere tante cose
dell’età giovanile. In crisi col marito e con due figli a carico, cerca
distrazione in una festa di ex studenti, diplomatisi nel 1960, in cui viene eletta
reginetta del ballo. Colta da svenimento si risveglia proprio nel 1960 e
ritorna un’adolescente in fiore carica di belle speranze, pur conservando tutta
l’esperienza dell’età matura. Cerca in tutti i modi di modificare il suo
destino ma finisce sempre tra le braccia di Charlie, il suo futuro marito.
Commedia leggera e malinconica attraversata da tocchi di garbato umorismo, con
qualche inserto strambo non sempre riuscito. E’ un film su commissione, in cui
il non originale pretesto del viaggio nel tempo vuol essere una sottile
riflessione sul tema della seconda occasione, da sempre affine alla sensibilità
americana. Agrodolce nel tono, denso di sottintesi morali e di riferimenti alla
cultura popolare, ha la sua forza maggiore nella magistrale ricostruzione delle
atmosfere degli anni ’60, cosa che lo rende un prodotto a forte effetto
nostalgia, quasi imperdibile per i cultori di quel periodo storico. Al di là di
questo è un’opera minore nella filmografia del grande Maestro americano, una
sorta di piacevole vacanza dopo i grandi capolavori degli anni ’70 che lo hanno
reso un monumento del cinema mondiale. A tratti gradevole, qua e là ingenuo,
ora geniale nelle trovate visive ora patetico nelle cadute di stile, è una
commedia d’autore imperfetta e ambiziosa, non sempre dotata del giusto mordente
e non sempre equilibrata. Ma la mano dell’autore si vede e ne impreziosisce i
momenti alti. Nel cast la bella Kathleen Turner, candidata all’Oscar per
l’occasione, è radiosa, mentre un “imbalsamato” Nicolas Cage, nipote del
regista, provoca umorismo involontario col suo improbabile ciuffo biondo. Il
finale zuccheroso e moraleggiante è la maggiore debolezza del film.
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