giovedì 7 dicembre 2017

Dunkirk (Dunkirk, 2017) di Christopher Nolan

Maggio 1940, durante la Seconda Guerra Mondiale: sulla spiaggia francese di Dunkerque, vicino al confine belga, si trovano ammassati circa 400 mila soldati alleati (in gran parte britannici) costretti alla fuga dall'incessante avanzata dell'orda nazista che li bracca senza tregua. Nel tentativo di salvarli l'Inghilterra organizza un eroico quanto improvvisato piano di evacuazione, ricorrendo anche all'aiuto fondamentale di numerosi civili che partecipano all'azione con le loro imbarcazioni private guidate attraverso la Manica. Nonostante l'evidente disfatta militare, il "miracoloso" salvataggio di Dunkerque può essere considerato il rocambolesco inizio di quella resistenza strenua e orgogliosa che gli inglesi seppero opporre alle forze tedesche, in attesa di quegli eventi favorevoli che poi ribaltarono le sorti belliche, cambiando per sempre la storia del mondo moderno. Prodotto, scritto e diretto da Christopher Nolan (che ha cullato questo progetto per anni), Dunkirk è un war movie tecnicamente superbo e narrativamente audace che rende omaggio ad un mito nazionale britannico limando l'enfasi retorica e spingendo forte sul pedale di un accorato intimismo che stinge nell'epopea antropologica. Questa grande storia di una vittoria all'interno di una sconfitta procede secondo tre linee di racconto distinte, sia per location sia per durata, che si sovrappongono e si intersecano offrendoci tre soggettive differenti come le loro ambientazioni: il molo (vicenda che copre un arco temporale di una settimana), il mare (una giornata) e il cielo (un'ora). Ancora una volta il punto di forza assoluto è il montaggio (straordinario), capace di plasmare gli eventi in un mosaico di azioni e di emozioni in continua oscillazione tra l'affresco storico e il poema umano, che intende tracciare un accorato inno alla vita, al valore della sopravvivenza e all'importanza della coesione per definire un'identità nazionale. Potente e al tempo stesso calibrato, visivamente sontuoso nella sua fotografia plumbea e nel suo formato a 65mm, si lascia andare a qualche indulgenza ampollosa nelle sole scene con Kenneth Branagh, che si erge saldo come uno scoglio in mezzo al mare affermando tutto il suo orgoglio fieramente british, ma è un film importante, intenso, lirico, a tratti esaltante, che trova i suoi momenti migliori nei personaggi anonimi e nelle piccole gesta spontanee. Musicato da Hans Zimmer con minor veemenza del solito (il che è un bene) ed ottimamente riuscito anche nella commistione tra attori poco noti (Fionn Whitehead, Tom Glynn-Carney, Jack Lowden, Harry Styles) ed altri più famosi (Kenneth Branagh, Tom Hardy, Cillian Murphy, Mark Rylance), è il film più maturo, sentito ed equilibrato del regista londinese. Da segnalare la presenza vocale, apprezzabile però solo in versione originale, del fido Michael Caine nei panni del radiocronista di guerra. Da lodare altresì l'utilizzo misurato e poco invasivo della computer grafica in favore di un maggior numero di effetti speciali realizzati alla vecchia maniera, con trucchi artigianali, vere imbarcazioni e autentici aeroplani d'epoca, aumentando così enormemente la resa realistica.

Voto:
voto: 4/5

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