lunedì 16 maggio 2022

James Bond 007 - Casino Royale (Casino Royale, 1967) di Val Guest, Ken Hughes, John Huston, Joseph McGrath, Robert Parrish

James Bond ha deciso di ritirarsi e vive nell'ozio in una lussuosa residenza in campagna, fino a quando i capi dei principali servizi segreti europei vanno a cercarlo chiedendogli di tornare in azione per combattere una misteriosa organizzazione di terroristi internazionali chiamata "SMERSH", che sta eliminando tutte le spie più efficienti. Tra donne belle e pericolose, loschi giocatori d'azzardo ed un virtuoso del Baccarà un po' pasticcione, Bond scopre che la mente che sta dietro alla potente struttura criminale è suo nipote Jimmy Bond, che, nascondendosi dietro lo pseudonimo di Dr. Noah, ha pianificato una sua folle vendetta spinto da nevrosi esistenziali, complessi di inferiorità e inappagati appetiti sessuali. Questa caotica commedia satirica dalla struttura a mosaico, dall'animo irriverente e dal taglio bozzettistico, è una frizzante parodia, a tratti sgangherata ed a tratti irresistibile, delle pellicole della saga di 007, di cui erano già usciti i primi quattro capitoli, riscuotendo un enorme successo mondiale e facendo di Sean Connery una star. E' un film comico generalmente discontinuo ma esilarante nei suoi momenti top, che paga il dazio di una regia condivisa tra Val Guest , Ken Hughes e John Huston (ma anche Joseph McGrath, Robert Parrish e Richard Talmadge girarono diverse sequenze, con l'ultimo non accreditato) e di un cast di grandi stelle (David Niven, Peter Sellers, Daliah Lavi, Ursula Andress, Orson Welles, Joanna Pettet, Woody Allen, Deborah Kerr, William Holden, John Huston, Jean-Paul Belmondo, Terence Cooper, Barbara Bouchet, Jacqueline Bisset), che causò parecchi problemi durante le riprese, allungando i tempi di lavorazione e inficiando l'equilibrio narrativo finale. In particolare divennero celeberrime le continue liti tra Peter Sellers e Orson Welles, con il primo che pretendeva di fare il protagonista e, sentendosi messo in ombra dall'ingombrante e carismatico collega, finì per rifiutare di condividere il set con lui, costringendo i registi ad autentici "salti mortali" in fase di montaggio per le scene che li vedevano insieme. Si vocifera che i motivi principali dello scontro tra i due mattatori fossero l'invidia di Sellers e l'egocentrismo spocchioso di Welles. Nonostante gli evidenti problemi di discontinuità di questa corale Vaudeville cinematografica, il film ha energia, ironia e scatto nelle sequenze più riuscite e si avvale di una formidabile squadra di attori che ne decretò l'appeal per il grande pubblico ed il notevole successo al botteghino. Da segnalare la performance straripante di un giovane Woody Allen, che si dice abbia contribuito in larga parte anche alla sceneggiatura con una serie di invenzioni modellate sulle sue ossessioni personali (il sesso, le nevrosi, l'ebraismo, il cinismo), che nella prima fase della sua carriera erano enfatizzate in maniera parossistica. Non è un caso che il nome del villain principale, interpretato da Allen, sia Dr. Noah, ovvero la storpiatura in ebraico del Dr. No. Ma il vero padre del progetto è il produttore Charles K. Feldman, che fin dal 1964 acquistò i diritti di "Casino Royale", l'unico romanzo di Ian Fleming non ancora sfruttato da Albert Broccoli nella saga ufficiale di James Bond, con l'idea di farne un film, ancora indeciso se di tipo umoristico parodistico o di tipo spionistico d'azione. Dopo un lungo tira e molla, diversi cambiamenti di rotta e svariate scelte in termini di casting e di regia, Feldman optò per la commedia farsesca, ispirandosi parzialmente al coevo Ciao Pussycat (What's New Pussycat?, 1965) di Clive Donner, ma dovette fare i conti con le incontenibili intemperanze di Sellers, istrione tanto geniale quanto bizzarro, che, all'apice del suo successo, entrò fin da subito in rotta di collisione sia con Orson Welles sia con Woody Allen, il cui talento acerbo ma cristallino, faceva già "paura" a molti colleghi della vecchia guardia.

Voto:
voto: 3/5

venerdì 6 maggio 2022

Il ritorno di Mary Poppins (Mary Poppins Returns, 2018) di Rob Marshall

Londra, 1935. Michael Banks è diventato adulto, è vedovo e vive ancora nella sua vecchia casa, al numero 17 di Viale dei Ciliegi, insieme a tre figli a cui badare, per i quali ha dovuto mettere da parte la sua ambizione di diventare un pittore ed ha accettato il più sicuro lavoro di bancario, esattamente come suo padre. Ma negli anni difficili della crisi economica c'è poco spazio per i sogni: Michael è in precarie condizioni finanziarie e rischia di perdere la sua amata dimora, se non riuscirà a trovare una rapida soluzione. Ed ecco arrivare dal cielo, di nuovo, Mary Poppins in soccorso dei Banks: sia di quelli "vecchi" che di quelli nuovi. Perchè nella grigia monotonia della vita quotidiana c'è sempre bisogno di un cambiamento del vento che possa portare un pizzico di magia. Dopo lo straordinario successo mondiale di Mary Poppins (1964) di Robert Stevenson, che divenne fin da subito un super classico della Disney entrando nel cuore di grandi e piccini di ogni latitudine, si cominciò a parlare immediatamente di un sequel. Del resto il materiale narrativo da cui trarre ispirazione non mancava di certo, visto che l'autrice Pamela Lyndon Travers scrisse ben 8 libri dedicati al personaggio della magica tata che tutti avremmo voluto avere. Ma il progetto, bloccato fin da subito dalle celeberrime intransigenze della Travers in merito agli adattamenti della sua famosa eroina, è rimasto in cantiere a lungo, più volte annunciato, smentito e rimandato, fino al 2015 in cui ha visto la luce grazie all'accordo tra la potente major californiana e gli eredi della scrittrice anglo-australiana. Scritto da David Magee, diretto da Rob Marshall, musicato da Marc Shaiman e principalmente ispirato al secondo racconto della Travers ("Mary Poppins ritorna", pubblicato nel 1935), questo revival fuori tempo massimo è sia un sequel che un remake dell'originale, ambientato 24 anni dopo gli eventi narrati nel film di Stevenson e strabordante di enfasi zuccherosa, invenzioni visive, colori sgargianti, buoni sentimenti, balletti vivaci, canzoni spiritose e caroselli coreografici. Giocando in maniera evidente sia sull'effetto nostalgia che sull'utilizzo dei moderni effetti visivi, attualizzati alla concezione estetica patinata, sgargiante, ma anche fasulla, tipica della computer grafica, il film di Marshall garantisce un leggero intrattenimento per famiglie, ma non riesce mai a ricreare lo spirito magico e sognante del predecessore, nè a toccare il cuore del pubblico con la medesima grazia innocente. I tempi sono cambiati, gli spettatori non sono più quelli degli anni '60 e non è più sufficiente un poco di zucchero per indorare la pillola, ma la sfida sostenuta dalla Disney (indubbiamente ambiziosa) non si è rivelata un fallimento dal punto di vista commerciale, ottenendo comunque dei buoni incassi a livello mondiale ed un responso critico tendenzialmente benevolo. E' chiaro a tutti che i punti di forza assoluti della pellicola del '64 erano il personaggio di Mary Poppins, nell'iconica interpretazione di Julie Andrews, e le magnifiche canzoni scritte da Richard M. Sherman, Robert B. Sherman e Irwin Kostal, divenute dei tormentoni popolari sempre verdi. In questo ritorno della tata volante portata dal vento dell'est, la cruciale scelta della protagonista (Emily Blunt) risulta azzeccata; la brava attrice londinese riesce ad essere amabile, spontanea, spigliata e credibile, senza far rimpiangere troppo la leggenda vivente Julie Andrews. Piuttosto il punto debole sono le nuove canzoni originali che non si fissano in alcun modo nell'immaginario e non vanno oltre un garbato ricalco privo di lampi emozionali. Il cast, che annovera nomi come Meryl Streep, Colin Firth, Angela Lansbury, Ben Whishaw, Emily Mortimer, Lin-Manuel Miranda e Joel Dawson, vede il ritorno di Dick Van Dyke in un piccolo cameo celebrativo (che è stato invece rifiutato dalla Andrews per lasciare totalmente la ribalta alla Blunt. Parole sue). Il film ha avuto 4 candidature tecniche agli Oscar 2019 e, nella versione italiana, si avvale della voce di Serena Rossi per doppiare le parti cantate da Mary Poppins/Emily Blunt.

Voto:
voto: 2,5/5

Into the Woods (2014) di Rob Marshall

C'era una volta un piccolo villaggio ai margini di un fitto bosco, dove vive un'umanità inquieta, carica di sogni e di aspettative. La dolce Cenerentola desidera ardentemente la sua romantica notte magica, andando al gran ballo indetto dal principe. Un fornaio e sua moglie desiderano il bambino che non è mai nato dal loro matrimonio. Il giovane Jack vuole che la sua mucca possa finalmente produrre tutto il latte necessario per evitare di doverla vendere. L'arrivo in paese di una strega vecchia, appassita e invidiosa, sembra dare una svolta alla vita monotona dei suoi abitanti; così la megera, il cui vero scopo è quello di recuperare una serie di oggetti fatali per ritrovare la sua bellezza da tempo perduta, affida l'incarico al fornaio, dietro la promessa di esaudire il suo desiderio. Quando questi si inoltra nel bosco insieme a sua moglie, per svolgere la sua missione, incontrerà una serie di personaggi bizzarri o pericolosi, che lo faranno riflettere su quanto sia sottile il confine tra aspirazione e bramosia. Questa favola musicale dark diretta da Rob Marshall è l'adattamento cinematografico dell'omonimo musical di Broadway scritto da Stephen Sondheim e James Lapine, che rivisita con un piglio più adulto le più celebri fiabe dei Fratelli Grimm e di Charles Perrault, tra cui Cenerentola, Cappuccetto Rosso, Rapunzel e Jack e il fagiolo magico. Il risultato è un film altalenante e diseguale, visivamente affascinante ma a tratti confuso, con una prima parte trasognata e mielosa ed una seconda, ben più interessante, più cupa e metaforica, in cui l'appuntamento corale nel cuore della "selva oscura" diventa l'allegoria di un percorso interiore di carattere universale, fatto di trappole e delusioni, di cadute e ripartenze, di smarrimenti e riscatti. Il viaggio nel bosco, da sempre archetipo di paure ancestrali legate all'ignoto, è il simbolo di un processo di formazione e di crescita, inevitabilmente sofferto, di natura morale ma non esente dal moralismo edificante tipico delle produzioni Disney, per quanto sia apprezzabile il tentativo del regista di conferire al racconto uno spirito più problematico e audace, ereditandolo dal musical ispiratore. Ma lo spirito più intimo dell'opera di Sondheim/Lapine, ovvero lo scontro traumatico tra ideale e reale, risulta in gran parte annacquato dal diktat hollywoodiano del finale confortante. Nel grande cast (che può contare su interpreti come Meryl Streep, Anna Kendrick, James Corden, Emily Blunt e Johnny Depp) svetta la solita immarcescibile Streep nei panni di una strega carica di contraddizioni e malcostumi tipicamente umani, che la rendono di gran lunga il personaggio più riuscito. Risulta invece un po' patetico il lupo cattivo di Johnny Depp che, quando è lontano dal suo mentore Tim Burton, appare grossolanamente artificioso nei suoi abusati trasformismi.
 
Voto:
voto: 2,5/5

giovedì 5 maggio 2022

Lemony Snicket - Una serie di sfortunati eventi (A Series of Unfortunate Events, 2004) di Brad Silberling

I tre fratelli Baudelaire (Violet, Klaus e Sunny) sono rimasti orfani dopo aver perso i genitori in un incendio di origine misteriosa. A causa della loro giovanissima età, vengono dati in affidamento ad un loro parente, il conte Olaf, attore di quart'ordine e viscido individuo, interessato unicamente ad accaparrarsi la grossa eredità che spetta legittimamente ai ragazzi. Tra mille avventure e peripezie, i tre fratelli, acerbi ma non stupidi e tenacemente uniti tra di loro, cercano in tutti i modi di sfuggire dalle grinfie dell'avido lestofante che li perseguita. Questa vivace favola gotica diretta con piglio agile da Brad Silberling, è l'adattamento cinematografico dei primi tre libri del ciclo di racconti per ragazzi "Una serie di sfortunati eventi" di Daniel Handler, meglio conosciuto con lo pseudonimo di Lemony Snicket (che è anche un personaggio facente parte del suo universo letterario). Muovendosi sulla scia dei "mondi" surreali e dark tipici di Tim Burton, Silberling realizza un film divertente, appassionante, visivamente magnifico, carico di invenzioni, di citazioni, di lampi avventurosi e di magia grafica. Pur nella sua brillante confezione di pellicola per famiglie, l'opera possiede stile e scatto, riesce a tratteggiare uno scenario fantastico denso di echi classici (Il mago di Oz è solo uno degli esempi a cui anche lo spettatore meno preparato non può fare a meno di pensare) e si avvale di una confezione tecnica straordinaria, tra cui svettano la fotografia evocativa di Emmanuel Lubezki, le musiche di Thomas Newman e, last but not least, le magnifiche scenografie steampunk, l'incredibile trucco e gli effetti speciali targati ILM (Industrial Light & Magic). Anche il grande cast fa un lavoro eccellente: a cominciare dal mattatore protagonista Jim Carrey (all'apice del suo istrionico trasformismo), affiancato da una grandissima squadra corale che annovera Liam Aiken, Emily Browning, Kara Hoffman, Jude Law (che interpreta il personaggio "alter-ego" di Lemony Snicket), Timothy Spall, Catherine O'Hara, Billy Connolly, Meryl Streep, Luis Guzmán, Helena Bonham Carter e Dustin Hoffman. Il film, che costituisce un ottimo esempio di intrattenimento fantasioso e intelligente per grandi e piccini, ha avuto 4 nomination tecniche agli Oscar 2005 ed ha vinto la statuetta per il miglior trucco (a Valli O'Reilly e Bill Corso).

Voto:
voto: 3,5/5

martedì 3 maggio 2022

Mamma Mia! (2008) di Phyllida Lloyd

La giovane Sophie vive con sua madre Donna, proprietaria di un piccolo hotel sul mare, in una splendida isola del mar Egeo. Alla vigilia della sue nozze, la ragazza, che non ha mai conosciuto l'identità di suo padre, decide di invitare, all'insaputa di Donna, i tre potenziali papabili, di cui ha appreso l'esistenza leggendo di nascosto un diario segreto di sua madre. I tre uomini sono un banchiere un po' imbranato, un seducente avventuriero ed un ricco uomo di affari. Quando Donna scopre la loro presenza sull'isola cerca di allontanarli in tutti i modi, ma lo zampino di Cupido è dietro l'angolo. Questo brioso musical sentimentale, scritto da Catherine Johnson e diretto con vivace energia leggiadra dall'inglese Phyllida Lloyd, è l'adattamento cinematografico del celeberrimo musical teatrale omonimo, nato nel 1999 dalla penna creativa della stessa Johnson, musicalmente basato sulle hits del gruppo svedese degli ABBA ed a sua volta liberamente ispirato al film Buonasera, signora Campbell (Buona Sera, Mrs. Campbell, 1968) di Melvin Frank, con Gina Lollobrigida e Shelley Winters. E' un film radioso, trascinante, corale, visivamente festoso, beatamente leggero e carico di gioia: una piacevole favola spensierata, musicalmente travolgente grazie alla straordinaria colonna sonora degli ABBA, i cui grandi successi pop vengono interpretati con eccellente disinvoltura dall'ottimo cast, tra cui citiamo Meryl Streep, Amanda Seyfried, Pierce Brosnan, Stellan Skarsgård, Colin Firth, Rachel McDowall e Christine Baranski. Tutti gli attori sono molto bravi e spigliati, ma la Streep si riconferma attrice inimitabile e decisamente di ben altra categoria: nella sua performance da mattatrice riesce praticamente a far tutto con classe e spontaneità sopraffina. La pellicola riesce a catturare degnamente le atmosfere dell'opera teatrale e la bellezza abbacinante dei paesaggi mediterranei, e di quelle mitiche sponde dove nacque Venere, costituisce un valore aggiunto di inestimabile pregio. E' quasi impossibile non farsi trasportare da questo carosello di immagini, musiche, coreografie, canzoni, equivoci, battibecchi, emozioni e romanticherie. Il film ha ottenuto un enorme successo al botteghino mondiale, stabilendo due record: è il musical con il maggiore incasso di tutti i tempi e il DVD più venduto nella storia delle edizioni home video sul territorio britannico. Ha avuto anche un sequel: Mamma Mia! Ci risiamo (Mamma Mia! Here We Go Again, 2018) di Ol Parker, con l'intero cast riconfermato e con le new entry Lily James, Andy García e Cher. Per quanto inferiore al predecessore, anche il seguito ha sbancato il box office ed ottenuti larghi consensi da parte della critica.

Voto:
voto: 3,5/5

lunedì 2 maggio 2022

Leoni per agnelli (Lions for Lambs, 2007) di Robert Redford

Tre vicende che avvengono in luoghi diversi e nella stessa giornata si riveleranno, alla fine, interconnesse da un filo niente affatto casuale. Durante la guerra in Afghanistan due soldati americani, impegnati in un'azione segreta, si ritrovano feriti ed isolati dietro le linee nemiche. Un giovane senatore rampante, Jasper Irving, viene intervistato a Washington dalla brillante giornalista Janine Roth, da sempre sua avversaria politica. Il tema dell'intervista è la presentazione di una nuova strategia bellica con cui Irving millanta di avere in tasca la vittoria della guerra. In un'aula della West Coast University il professor Stephen Malley ha un vibrante dibattito con un suo studente molto dotato ma totalmente disilluso sul fronte dell'ideologia politica. Questo dramma di impegno sociale, prodotto da Tom Cruise, scritto da Matthew Michael Carnahan e diretto da Robert Redford (che torna dietro la macchina da presa dopo una pausa di sette anni), è una composta requisitoria umanitaria ed antimilitarista, che mette nel mirino l'amministrazione Bush e le tendenze guerrafondaie, utilizzando un tono disincantato ed un registro mite, preferendo un sottile "lavoro ai fianchi" piuttosto che un deciso scontro frontale. Molto dialogato ed a tratti verboso, non riesce a centrare pienamente il suo bersaglio perchè manca di forza polemica e di carica pungente, ma preferisce indignarsi con classe e pacatezza, in accordo allo stile ovattato, ma anche didascalico e spesso edificante, di Robert Redford regista, mito vivente di Hollywood perennemente impegnato in difesa dei suoi saldi principi democratici e liberali. Nel cast di divi Meryl Streep è una perfetta incarnazione di intelligenza ed eleganza, Tom Cruise è a suo agio nel ruolo del borioso antipatico politicante e Robert Redford tratteggia finemente un vecchio saggio smaliziato, che ha da tempo rinunciato alle illusioni ma conserva ancora uno sprazzo di speranza nei giovani. Il titolo deriva da una presunta frase di un ufficiale tedesco della seconda guerra mondiale, citata esplicitamente dal personaggio di Redford durante una delle sue lezioni, per indicare dei soldati eroici comandati da un gruppo di incapaci.

Voto:
voto: 3/5