venerdì 31 ottobre 2014

Under the Skin (Under the Skin, 2013) di Jonathan Glazer

Un essere alieno s'impossessa del corpo di una giovane donna, assumendone le sembianze, e ne utilizza la carica erotica per adescare uomini, catturarli e precipitarli in una misteriosa prigione amniotica, strappandoli dalle loro vite. Sfruttando al massimo l'avvenenza della diva del momento, una Scarlett Johansson mai così "generosa", Jonathan Glazer ha adattato il romanzo di Michel Faber per trarne un film di fantascienza algido, straniante, silenzioso, interamente costruito sulle atmosfere e che rinuncia ad ogni spiegazione. Opera rarefatta ed inquietante, non priva di pretenzioso intellettualismo, si basa totalmente sull'occhio, la potenza della visione, tenendo da parte cervello e cuore. L'avida cacciatrice interpretata dalla Johansson è fredda, distante, impassibile, priva di morale e di sentimenti: fà quello che deve fare con puntigliosa meticolosità perchè è la sua natura, come lo xenomorfo di Ridley Scott. Ma se la prima parte del film si assesta tra L'invasione degli ultracorpi e Species – Specie mortale, con il valore aggiunto di un approccio minimalista ed asettico fondato sul simbolismo onirico più che sulla bieca esplicitazione, la seconda prende la deriva di un'ingenua parabola sulla natura umana allorquando l'aliena, dopo aver provato un moto di pietà verso un "freak" degno di "Elephant man", viene attratta dalla specie che sta depredando e cerca di abbracciarne le sensazioni, finendo per condividerne il destino. In una Scozia gelida e cupa, Glazer ci mostra un'umanità inerte ed inerme, sospesa tra abissi di solitudine e silente disperazione, la cui inevitabile imperfezione si rivelerà più letale della cacciatrice aliena, finendo per sporcarne definitivamente la pur agghiacciante "purezza". La ricercata astrazione alla base del progetto ne fa un film diverso, sicuramente dissonante rispetto all'attuale omologazione del genere sci-fi, che trova i suoi momenti migliori nelle ammalianti sequenze della "prigione" onirica in cui l'aliena conduce le sue vittime, ma questo non basta a sostenere degnamente una storia esile e, tantomeno, la maldestra svolta narrativa sull'evoluzione del personaggio principale. Ammaliante ed imperfetto, è un lungo flusso di immagini, di luoghi e di corpi che ambisce ad uno status autoriale senza mai raggiungerne la piena densità, perchè si sofferma sulla patina senza mai scavare ... sotto la pelle.

Voto:
voto: 3/5

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