giovedì 16 aprile 2015

Prima ti sposo poi ti rovino (Intolerable Cruelty, 2003) di Ethan Coen, Joel Coen

Miles Massey è un abile avvocato divorzista, Marilyn Rexroth è una bella e ambiziosa arrampicatrice sociale, che sfrutta i matrimoni “convenienti” per arricchirsi a danno dei ricchi uomini che, regolarmente, perdono le testa per lei. Dall’incontro tra i due nasceranno scintille: infatti dapprima Miles la incastra in tribunale, ma poi non resiste al suo fascino e, innamoratosi perdutamente di lei, finirà per sposarla. Gustosa ed elegante rivisitazione, da parte dei fratelli Coen, della “screwball comedy”, che fece grande il cinema americano negli anni ’30 e ’40 con autori come Hawks, Cukor, McCarey, Wellman, Capra. I due brillanti autori tornano in una Los Angeles solare e sovraesposta, per raccontare i vizi di un’upper class parassitaria, indolente e conformista, dedita al lato più biecamente materialista del “sogno americano”, i cui idoli sono denaro, opulenza, bellezza esteriore e relativa ostentazione. Tra le pieghe della legge, i ristoranti di lusso, gli abiti sfarzosi, le ville con piscina e le relazioni clandestine consumate nei motel, si celebra il triste rituale quotidiano di un’umanità vuota e mondana, che persevera, insolente, nell’esibizione del suo apparente “splendore” conquistato con cinismo e furbizia. Nel gioco al massacro tra un sagace divorzista ed un’avida “matrimonialista” viene dissacrata, con la consueta ferocia grottesca dei due fratelli registi, l’istituzione matrimoniale ed il compromesso di falsità su cui si fonda, alternando sapientemente perfidia e romanticismo, spettacolo e armonia, divertimento esilarante ed umori caustici, senza mai prendersi troppo sul serio. Bravissimi tutti gli attori, dai protagonisti George Clooney e Catherine Zeta-Jones (la cui interpretazione è un divertito omaggio a icone come Katharine Hepburn e Cary Grant), ai personaggi di “spalla”, come quelli di Billy Bob Thornton e Geoffrey Rush, in un film prezioso, brillante e “cattivo”, che sceglie, volutamente, di mitigarsi nel lieto fine, che intende celebrare, con formale deferenza, il tripudio sentimentale tipico delle vecchie commedie hollywoodiane dei maestri prima citati. Relegato solitamente nella filmografia “minore” dei Coen, non è di certo il loro film migliore, ma è pur sempre un ennesimo e riuscito viaggio attraverso i generi per riattualizzarli, declinandone nuovamente la sintassi in base alla loro personale estetica, con uno stile raffinato, irresistibile, sofisticato e mordace.

Voto:
voto: 3,5/5

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