Enrico
Olivieri, segretario del principale partito d’opposizione, colto da profonda crisi
esistenziale, decide di lasciare tutto e fuggire in Francia da una sua vecchia
amante. La sua improvvisa assenza, in un momento cruciale della storia politica
del paese, provoca imbarazzo e caos nelle alte sfere del partito, che faticano
a tenere a bada l’opinione pubblica inventando fantomatici motivi di salute per
tener nascosto il fattaccio. Andrea Bottini, solerte braccio destro di Olivieri,
pensa allora di rivolgersi a Giovanni, gemello del politico e docente di
filosofia con seri problemi psichiatrici di bipolarismo, affinché prenda il
posto del fratello nel periodo della sua assenza. Il bizzarro Giovanni, tra
colpi di teatro e disarmante sincerità, riporta incredibilmente in auge il
gradimento del partito d’opposizione. Vibrante dramma politico di Roberto Andò,
tratto dal romanzo “Il trono vuoto”,
scritto da lui stesso e diretto con tono lieve, alternando acuta ironia e
lucidità di sguardo. Sulla scia di quel grande cinema politico che fu di Elio
Petri, eternamente sospeso tra rigore di denuncia e visionarietà surreale, questo
solido film dell’intellettuale Andò si rivela come uno tra i più interessanti
prodotti cinematografici italiani degli ultimi anni, capace di coniugare
densità tematica, forza critica, garbato favolismo e grottesco sarcasmo. Nonostante
la storia semplice e l’assunto kafkiano (che cavalca temi classici
ampiamente abusati come lo scambio di persona e la doppia identità), l’opera
nasconde una complessità ben più stratificata, in bilico su quel filo sottile
che separa il comico dal tragico. Una complessità che denunzia il fallimento di
una classe dirigente ingessata nella sua mediocrità e che auspica il
ritrovamento di un linguaggio (politico) semplice, viscerale, euforico, che
sappia parlare al cuore della gente e possa rimettere ciascuno di fronte al
proprio senso di responsabilità. Tra la saggia follia dell’improbabile
segretario e l’ottusa razionalità dei mestieranti politici, il film ci regala
una briosa boccata d’aria che soffia imperiosa tra le polveri delle stanze del
potere e ci delizia con un potente finale ambiguo e con almeno una sequenza
memorabile: il ballo a sorpresa tra Giovanni e la leader del governo tedesco,
che strizza evidentemente l’occhio ad Angela Merkel. Nel cast svetta uno
straordinario Toni Servillo, nel doppio ruolo di Enrico/Giovanni, che si
conferma il miglior attore italiano contemporaneo e il più degno erede del
compianto Gian Maria Volonté. Accanto a lui Valerio Mastandrea, Valeria Bruni
Tedeschi, Michela Cescon e Anna Bonaiuto garantiscono interpretazioni di buona
tenuta. Da segnalare l’apparizione, in un filmato d’epoca, di Federico Fellini
che denuncia aspramente gli abomini della censura e degli spot pubblicitari che
mortificano l’arte cinematografica durante i passaggi televisivi dei film.
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