sabato 24 febbraio 2018

La ruota delle meraviglie (Wonder Wheel, 2017) di Woody Allen

Coney Island, anni '50: Ginny è una quarantenne tormentata dal rimpianto di una carriera di attrice mai sbocciata e dal rimorso per aver mandato all'aria un matrimonio d'amore per un momento di debolezza carnale, in cui si è concessa a un altro uomo. Infelicemente risposata con Humpty, burbero giostraio ubriacone dal cuore tenero, lavora come cameriera in uno squallido ristorante di frutti di mare, vive in un'umile casa nel Luna Park di Coney Island ed è afflitta dal figlio adolescente che ha un carattere ribelle e manie incendiarie. L'incontro con il giovane e attraente Mickey, aspirante romanziere che lavora come bagnino per pagarsi gli studi universitari, dà una svolta alla sua grigia esistenza e la donna si lancia a rotta di collo in una passionale relazione clandestina. Pazzamente innamorata del suo amante, Ginny sembra ritrovare gli entusiasmi troppo a lungo sopiti, ma l'arrivo inatteso della bella Carolina, giovane figlia di primo letto di Humpty, in fuga da un marito gangster che le dà la caccia, cambierà ogni cosa in modo imprevedibile. Il 48° film di Woody Allen è un elegante melodramma tragico che riflette lucidamente sul non senso beffardo della grande ruota che è la vita, presentandoci un dolente affresco di personaggi oppressi, ciascuno rinchiuso nella gabbia dei propri fallimenti. Sulle note ovattate di "Coney Island Washboard" dei Mills Brothers, ossessivamente fedele alle sue tematiche ed al suo stile fieramente rétro, l'autore ci immerge, col suo tocco lieve e sardonico, nella New York dei tempi andati, in cui l'evidente atmosfera malinconica non basta ad alleviare la meschina afflizione di un microcosmo di perdenti che diventa il simbolo di un fallimento antropologico ben più ampio. Con spudorati omaggi al cinema "fiammeggiante" di Douglas Sirk (notevole la citazione del capolavoro Lo specchio della vita nella sfavillante sequenza d'apertura) ed al teatro di Tennesse Williams, Allen si avvale del consueto grande cast in cui svetta un'intensa Kate Winslet, affiancata da Jim Belushi, Juno Temple e Justin Timberlake. Ma il vero punto di forza del film è l'abbacinante fotografia di Vittorio Storaro (alla sua seconda collaborazione consecutiva con il regista newyorchese), che, nella sua preziosa enfatizzazione cromatica e nel suo sottile gioco di luci, è ben più di una sontuosa cornice inerte. E' materia viva, emozionale, palpitante, che suggerisce ed esalta lo stato d'animo dei personaggi, in un magnifico caleidoscopio di suggestioni luminose che riesce a ricreare la pomposità infuocata dei melodrammi sirkiani. Non a caso il fuoco, elemento ancestrale in cui il piccolo figlio di Ginny sembra trovare una mistica fascinazione, costituisce uno degli elementi cardine del film. L'altra passione del ragazzo è il cinema, il grande cinema classico a cui Allen ha sempre guardato con deferenza e nostalgia, per coglierne quella scintilla magica capace di suscitare negli spettatori un senso di meraviglia puro e sognante. Uno struggimento istintivo fondato sul potere rievocativo di età passate e che pone le faccende umane su due fronti opposti: bellezza e meschinità, passione e fallimento, arte e mediocrità.

Voto:
voto: 3,5/5

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