sabato 17 febbraio 2018

L'ora più buia (Darkest Hour, 2017) di Joe Wright

Nel 1940 il neo eletto, e poco gradito ai membri del suo partito, Primo Ministro britannico Winston Churchill, deve far fronte ad uno dei momenti più tragici della storia d'Europa e della Gran Bretagna. La seconda guerra mondiale è appena scoppiata e le armate naziste di Hitler sembrano inarrestabili e invincibili, nel giro di pochi mesi hanno sbaragliato tutto il "vecchio continente" e adesso "bussano" alle porte della "terra d'Albione", che non si sente più protetta dal canale della Manica ed avverte l'incombente minaccia di una massiccia invasione da parte del nemico. Churchill, da sempre intransigente nei riguardi di Hitler da lui indicato, già in tempi non sospetti, come una minaccia da abbattere, deve affrontare non solo il pericolo nazista ma anche le subdole insidie che provengono dall'interno, con alcuni autorevoli membri della sua stessa corrente politica che cercano di convincerlo a trattare una pace che sa di resa con i tedeschi, in cambio della salvezza dell'Inghilterra. Cocciuto e combattivo, Churchill non intende cedere di un passo e cerca di convincere il Re, il Parlamento e la nazione che l'unica strada possibile è quella della guerra contro Hitler, perchè "con una tigre non si ragiona" e "lacrime, sudore e sangue" sono ben spese in nome della libertà da una tirannia oppressiva. Joe Wright porta sul grande schermo l'ennesima biografia storica dedicata all'iconico personaggio di Winston Churchill, già interpretato in passato da una pletora di attori eccellenti, ed a quei giorni cupi in cui la Gran Bretagna decise stoicamente di non chinare il capo di fronte allo strapotere delle orde germaniche, abbracciando con coraggio una sanguinosa resistenza e cambiando per sempre le sorti della guerra. Churchill, uomo dal carattere indomito e spigoloso, ammaliante affabulatore e leader pragmatico, temuto e inviso da molti nel suo stesso paese, ci viene stavolta mostrato sia nel lato pubblico sia in quello privato, con un affresco ora romantico, ora inquieto, ora bizzarro, indulgendo spesso su quelle manie e stravaganze che ne hanno adornato la leggenda. In quest'opera dalla messa in scena asciutta e diretta con classica misura, la guerra (quella vera) non viene mai mostrata, anche se la sua ombra mortifera incombe già dalla prima sequenza e pedina costantemente i personaggi nelle grandi sale vittoriane, nei palazzi del potere, nei segreti cunicoli sotterranei dei ministeri e persino in una vagone della metropolitana londinese, dove è ambientata la scena più intensa (e retorica) della pellicola. Più verboso che intimo il film si consegna totalmente alla notevole interpretazione di Gary Oldman, di cui solo gli occhi sono riconoscibili sotto il pesante trucco prostetico, che ci regala una performance indubbiamente scintillante ma più vicina all'iconografia nostalgica del personaggio che alla ricerca sottile del suo lato in ombra. In questa vibrante apologia della resilienza e dell'orgoglio elitario tipico dello spirito britannico, che vede nel suo "splendido" isolamento un snobistico segno di superiorità, i momenti migliori sono quelli del rapporto tra Churchill e sua moglie o la sua appassionata segretaria, momenti in cui il peso ingombrante dell'eroe storico cede il passo ai dubbi e alle fragilità dell'uomo. Sono invece più enfatici e canonici i celeberrimi discorsi del politico al parlamento e al popolo, mentre appare curiosamente puntuale la sovrapposizione di eventi con il Dunkirk di Christopher Nolan. Nel cast, oltre al mattatore Oldman (in odore di Oscar), vanno menzionati anche Kristin Scott Thomas, Lily James, Ben Mendelsohn e Ronald Pickup. Sei nomination ai premi Oscar 2018: film, fotografia, trucco, scenografia, costumi e ovviamente Gary Oldman come miglior attore protagonista, per quella che sembra essere una vittoria già annunciata, probabilmente anche come omaggio ad una lunga e brillante carriera. In questo film che nulla toglie e nulla aggiunge all'immaginario illustrativo del corpulento e burbero "uomo con il sigaro" che salvò l'Europa dal nazismo, l'autore ci consegna un messaggio patriottico più moralistico che ideologico, più didascalico che artistico, sospeso tra l'elogio dell'arte oratoria e l'alterigia "brexit".

Voto:
voto: 3/5

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