Nel 1955, nel cuore del deserto del Nevada, diversi personaggi si incontrano ad Asteroid City, un piccolo avamposto turistico che prende il nome dalla caduta di un asteroide avvenuta molti anni prima, i cui segni sono ancora chiaramente visibili grazie al cratere che ne fu originato. La remota località è sede di una convention scientifica per giovani geniali inventori in erba, già lanciati verso una promettente carriera di futuri scienziati e che sono in lizza tra loro per aggiudicarsi il primo premio. Qui convergono uno sgualcito reporter di guerra che ha perso da poco la moglie e accompagna le sue figlie, il loro nonno, ricco bacchettone affetto da malinconia, una diva del cinema bella e tormentata che smania di essere vista per ciò che è veramente, una stravagante astronoma dai modi rigidi, un generale dell'esercito tutto d'un pezzo e molta altra svariata umanità. Un impensabile evento dal sapore fantascientifico provoca l'improvviso giro di vite da parte del governo, che blinda il sito, mette i militari al comando e pone tutti in quarantena forzata. Ma tutto questo è soltanto la storia scritta da un inquieto romanziere, che sta prendendo forma attraverso la sua rappresentazione teatrale, per mano di un regista sui generis carico di passione. E c'è persino un elegante narratore fuori campo che ci racconta dettagliatamente il tutto, arricchendo la sua narrazione di bonaria ironia. L'ultimo lavoro di Wes Anderson, da lui scritto e diretto, è una elegante commedia dolce amara che oscilla, con grazia lieve, tra il grottesco, il romantico e la satira. Come sempre il talentuoso regista texano marchia a fuoco il film con il suo stile inconfondibile (amato oppure odiato a seconda dei casi, ma sempre indubbiamente coerente con la sua forte idea di cinema hipster e fiabesco), dando vita ad una nuova favola raffinata, colorata, miniaturizzata, decorativa, ricolma di sottotrame e di personaggi e carica di suggestioni simboliche, di metafore stranianti, di situazioni paradossali, in cui va in scena (stavolta addirittura con tre livelli di racconto ed un utilizzo gioioso della meta-narrazione) l'assurda tragicommedia della vita umana. Ma anche, in questo caso, della storia americana, di cui vengono citati, con vivace sarcasmo, alcuni elementi chiave che risulteranno riconoscibili anche allo spettatore più distratto: la corsa allo spazio durante la guerra fredda, la zelante ottusità dei militari, la logica coercitiva della ragion di stato, l'ossessione nazionale per un predominio vincente in ogni ambito, il fenomeno dilagante degli avvistamenti di "dischi volanti" o il lato oscuro del successo dei divi hollywoodiani (è più che evidente che il personaggio dell'attrice Midge Campbell, interpretata da Scarlett Johansson, sia modellato su quello di Marilyn Monroe). Il cinema di Wes Anderson è sempre stato orgogliosamente teatrale, o meglio una sublimazione colta e un po' snob di un'idea di teatro come allegoria della vita e delle sue contraddizioni, in un miscuglio romantico nostalgico che confonde di continuo il piano della finzione con quello della realtà, per offrirci un microcosmo surreale dai colori pastello e dagli scenari artefatti, che diventa la sineddoche di un mondo costituito da persone fragili e confuse, un mondo riverniciato in tonalità vivide e atmosfere oniriche grazie all'ausilio del magico potere dell'arte. E se è vero che questo nuovo lungometraggio non aggiunge niente di particolarmente nuovo alla carriera dell'autore, è altresì innegabile che Anderson possa essere considerato, a pieno diritto, uno dei narratori più peculiari e originali del cinema moderno, grazie ad un'estetica ormai riconoscibile persino dai profani che è (a prescindere dai sacrosanti gusti personali) tutto meno che banale, e men che mai innocua o anonima. Scherzando allegramente con il pubblico, con i suoi attori, con i suoi personaggi che entrano ed escono invadendo spesso un piano scenico non di loro competenza, e persino con i suoi adorati stilemi (che sono le "armi" predilette dei suoi detrattori), il regista-demiurgo si diverte a mischiare le carte, confondere i livelli del racconto, ironizzare sulle paranoie di una nazione e flirtare con la cultura popolare d'epoca attraverso gustose citazioni (irresistibile l'apparizione nel deserto dello struzzo "Beep Beep" delle celebri serie animate Looney Tunes e Merrie Melodies). E, come sempre nelle pellicole di Anderson, il cast è opulento e sontuoso, con la presenza di molti dei suoi attori "feticcio" (anche in minime apparizioni): da Jason Schwartzman a Tilda Swinton, da Edward Norton a Scarlett Johansson, da Steve Carell a Jeffrey Wright, ma senza dimenticare nomi come Bryan Cranston, Tom Hanks, Liev Schreiber, Matt Dillon, Rupert Friend, Maya Hawke, Hope Davis, Sophia Lillis, Margot Robbie, Adrien Brody, Willem Dafoe, Rita Wilson e Jeff Goldblum. Meno teorico del precedente The French Dispatch of the Liberty, Kansas Evening Sun (2021), Asteroid City è puro Wes Anderson in modalità sottilmente nostalgica rievocativa, per far riemergere alla sua maniera ciò che che rimane, nella memoria di chi li ha vissuti, osservati sullo schermo o semplicemente sentiti raccontare, degli "happy days" dei lontani anni '50.
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