sabato 21 ottobre 2023

DogMan (Dogman, 2023) di Luc Besson

Il giovane Douglas è cresciuto nel degrado di una famiglia povera e scalcinata delle fatiscenti periferie del New Jersey, con un padre rozzo e violento, una madre fragile e succube ed un fratello maggiore ancora peggiore del padre. Maltrattato e umiliato sia fisicamente che psicologicamente a causa del suo carattere libero e ribelle, Douglas è costretto a diventare subito adulto, sviluppando un doloroso senso di alienazione, un odio feroce verso i propri simili ed un amore profondo per i cani, con cui intrattiene da sempre un rapporto viscerale e privilegiato, una sorta di dono che gli consente di addestrarli e riceverne devozione incondizionata oltre ogni aspettativa. Costretto su una sedia a rotelle per colpa delle violenze subite in famiglia e spezzato nell'animo in maniera irrimediabile, il nostro vive da solo insieme ai suoi cani, lavora come drag queen in un locale notturno e medita la sua vendetta nei confronti della società crudele che lo ha sempre escluso e maltrattato per il suo essere "diverso". Il diciottesimo lungometraggio per il cinema di Luc Besson (che lo ha ideato, scritto e diretto) è un tetro e disperato dramma esistenziale che stinge nel thriller d'azione violenta, per raccontarci, ancora una volta (come nello stile tipico del regista francese) una tragica storia di solitudine, di emarginazione, di dolore e di sanguinaria vendetta. Tutti i protagonisti delle opere di Besson sono, essenzialmente, degli antieroi tormentati e solitari, personaggi sui generis che vivono ai margini della società, incompresi e bistrattati, con un sofferto passato di soprusi alle spalle, che ottengono la loro rivalsa attraverso la brutalità feroce per ripagare tardivamente con l'occhio per occhio i presunti (e generici) colpevoli. Ma questi vendicatori implacabili hanno sempre un qualcosa di speciale, un lato tenero in ombra, una sorta di romanticismo sofferto e maledetto che li rende empatici, un impellente bisogno di essere riconosciuti, capiti e (a loro modo) amati, lasciando sempre una traccia in chiaro scuro nel cuore del pubblico, che riesce facilmente a capirli, nonostante l'ambigua efferatezza delle loro azioni. E' uno stratagemma antico e sempre funzionante, quello di rendere "simpatico" ed emotivamente vicino un "cattivo", fino a farne una sorta di specchio nero della cattiva coscienza che risiede in ognuno di noi. E Luc Besson, autore spesso superficiale e dalla mano pesante, possiede ormai tutta la tecnica, la competenza e la saggezza per infondere a queste storie sordide di umana degradazione e di aspra rivincita un grande senso dello spettacolo cinematografico (che guarda direttamente alle pellicole americane) ed un effettistico moralismo sociologico che, pur di grana grossa, coglie spesso nel segno. Questo suo nuovo lavoro non fa eccezione, si muove esattamente nei binari confortevoli all'estetica del regista e non aggiunge molto di nuovo alla sua filmografia dei giustizieri afflitti e implacabili. E se stavolta il protagonista non è una femme fatale sexy e letale, ma un disabile androgino che si traveste da diva, canta divinamente e vive in simbiosi con i cani, poco importa; perchè la solfa narrativa è esattamente la medesima. Ma ciò che rende il film degno di visione sono due pregi indiscutibili: la straordinaria interpretazione mimetica di Caleb Landry Jones e l'irresistibile carica di bravura e tenerezza dei tanti coprotagonisti a quattro zampe, che a tratti ricordano (con nostalgica dolcezza) i vecchi film per famiglie della Walt Disney. E' un vero peccato che ben poco venga approfondito nel modo giusto e che quasi tutto sembri gettato lì per produrre forti e facili emozioni, con particolare riferimento al finale catartico e cristologico di dubbia collocazione concettuale e di stravagante misticismo. Besson presume molto, osa di più, ma non sa dare una equilibrata forma compiuta alla materia del racconto, come già visto altre volte in passato. La bella frase con cui si apre il film, perfetta per l'occasione, è del poeta francese Alphonse de Lamartine.

La frase: "Ovunque ci sia un infelice, Dio invia un cane"

Voto:
voto: 3/5

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