L'adolescente Mia vive un'esperienza familiare difficile a causa dell'improvvisa morte della madre, da cui non riesce a riprendersi, e del complicato rapporto con il padre, che la ama molto ma non è a suo agio nell'esprimere liberamente le proprie emozioni. Spinta dalla curiosità e dal dolore che prova internamente, la ragazza si lascia coinvolgere in un macabro "gioco" che sta prendendo piede tra i suoi coetanei fino a diventare "virale": una specie di seduta spiritica individuale in cui il soggetto protagonista, dopo aver stretto un moncone di mano mummificata e pronunciato la fatidica formula "talk to me", entra in contatto con spiriti di persone estinte e se ne lascia possedere per un breve tempo limitato. Mia, inizialmente scettica, accetta di sottoporsi all'esperimento, sperando di riuscire a parlare con sua madre, e rimane sconcertata dall'esperienza provata. Ma durante i continui tentativi di collegarsi a turno con l'altra dimensione dei trapassati, qualcosa va storto e la porta con l'Aldilà rimane aperta. Questo cupo e agghiacciante horror soprannaturale sul mondo dell'occulto è il film di esordio, in veste di sceneggiatori e di registi, dei fratelli Philippou (Danny e Michael), giovani australiani che si sono fatti le ossa con dei video amatoriali pubblicati su internet prima di approdare al grande schermo. Prodotto e girato a basso costo in Australia (nella città di Adelaide), con pochi mezzi, attori acerbi e sconosciuti, ma una serie di buone idee declinate con verve irriverente, Talk to Me va dritto al sodo con pochi fronzoli, parte come un classico teen-horror ma poi diventa qualcosa di più inquietante e spaventoso, trovando la sua forza nello stile asciutto, nel ritmo teso, in un paio di sequenze di grande impatto orripilante e in un finale, a suo modo, memorabile, che chiude perfettamente il cerchio narrativo. Presentato in anteprima al Festival di Cannes senza troppe pretese o aspettative, ha ricevuto ampi consensi di pubblico e di critica, è stato acclamato come horror dell'anno da personalità influenti come Peter Jackson e Stephen King e, sull'onda degli elogi festivalieri, ha riscosso un grande successo al botteghino, specialmente negli USA e anche in rapporto all'esiguo budget produttivo. Non è tutto oro quello che luccica e va detto che il film pesca abilmente da una lunga serie di suggestioni e situazioni già viste in precedenza, ma lo fa abilmente, ha la grinta impudente dell'incoscienza giovanile, spaventa senza ricorrere a truculenze gratuite o ai soliti stereotipati jumpscare, e, pur nei limiti di un prodotto tipicamente di genere che guarda più allo stile degli anni '80 che a quello contemporaneo, ci regala anche un briciolo di critica sociale, fotografando impietosamente il cinismo delle nuove generazioni e l'ossessione invadente di condividere la vita sui social calpestando senza ritegno il buon gusto, la privacy e la sensibilità altrui. Nel cast svetta l'intensa protagonista Sophie Wilde, giovane attrice da tenere d'occhio, mentre l'interprete più famosa è senza dubbio l'australiana Miranda Otto, lanciata da Peter Jackson nella trilogia de Il Signore degli Anelli. Alla luce del grande successo ottenuto, i fratelli Philippou hanno già annunciato che stanno lavorando ad un prequel che dovrebbe svelare le origini della misteriosa mano dai terribili poteri. E, francamente, non ne avevamo dubbi.
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