mercoledì 25 ottobre 2023

Babadook (The Babadook, 2014) di Jennifer Kent

Amelia è una giovane vedova con un figlio di 6 anni da crescere, nato proprio nel giorno in cui suo marito è morto, tragicamente, in un incidente stradale. Depressa e stressata, messa alle corde dalle difficoltà economiche e dalla natura iperattiva del piccolo Samuel, che sembra a tratti ingestibile per il suo temperamento agitato, la donna cerca in tutti i modi di resistere e trovare la forza necessaria a gestire la complessa situazione familiare. La lettura insieme a suo figlio di un cupo libro di favole trovato per caso, non fa che peggiorare le cose: nel racconto si parla di un mostro soprannaturale chiamato Babadook, una specie di "uomo nero" che si annida nel buio e che tormenta le sue vittime (fisicamente e psicologicamente) quando queste prendono atto della sua esistenza e, inconsapevolmente, gli consentono di "entrare" nelle loro vite. Samuel è convinto che quanto scritto nel libro stia capitando a loro e che il mostruoso Babadook sia la causa primaria dei loro guai. Chiaramente turbata Amelia respinge con forza l'idea, aggrappandosi alla razionalità, ma ben presto inizia a temere che suo figlio possa aver ragione. Questo tetro e inquietante horror gotico psicologico, interamente costruito sulle atmosfere, sulle attese, sulle paure infantili, sugli elementi archetipali del terrore e sul male come forza ambigua, che può provenire dall'esterno ma anche da dentro di noi, segna il felice esordio alla regia dell'australiana Jennifer Kent, che ha anche scritto il film prendendo ispirazione da un suo precedente corto, Monster (2005), ampliandone l'idea, la tematica e la storia fino a farne un lungometraggio. Fin dall'inizio si capisce che questa sinistra pellicola dell'orrore sia "agli antipodi", non solo perchè prodotta e realizzata in Australia ma, soprattutto, per il suo essere diversa, più profonda, più peculiare e più simbolica rispetto ai canoni classici del genere a cui appartiene. Il Babadook è, infatti, la proiezione delle nostre paure, dei nostri fallimenti, dei nostri sensi di colpa e del nostro lato oscuro, la rappresentazione spaventosa di un'energia malefica che è parte ancestrale della natura umana e che spesso cova, nascosta, nei recessi bui del nostro animo. La regista, avvalendosi anche di un'evocativa fotografia grigia, di ambientazioni opprimenti e dell'ottima recitazione della protagonista Essie Davis, dissemina il film di continue allegorie, gli conferisce un ritmo teso e una messa in scena asciutta, evita accuratamente i cliché effettistici tipici del genere, sceglie saggiamente di mostrare il meno possibile del mostro e conduce in porto brillantemente il suo intento di mettere in piedi una potente parabola etica sotto le vesti di un horror. Il finale, inatteso e originale, è la chiosa perfetta di questo discorso, portando a conclusioni, sia morali che psicologiche, di sottile valenza e di denso simbolismo. Il film, realizzato a basso costo e partito in sordina nel suo paese, ha cominciato ad acquisire una certa fama internazionale presso gli appassionati dopo la presentazione al Sundance Film Festival, dove è stato unanimemente elogiato dalla critica specializzata. In Italia ha avuto una distribuzione limitata a poche sale, facendo solo una fugace apparizione nell'estate del 2015 e venendo presto relegato in un immeritato oblio. Ma è, invece, da recuperare assolutamente per gli amanti degli horror intelligenti, metaforici e fuori dagli schemi.

Voto:
voto: 4/5

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