venerdì 22 settembre 2023

Colpo di fortuna (Coup de chance, 2023) di Woody Allen

Jean e Fanny appaiono a tutti come la coppia perfetta: belli, innamorati, felici e benestanti. Vivono in una lussuosa dimora in un elegante quartiere di Parigi, dove lui è un imprenditore di mezza età, di gran classe ma con qualche lato oscuro nel suo passato, e lei è una splendida ragazza con quasi metà dei suoi anni, che lavora in una casa d'aste. L'incontro casuale tra Fanny e Alain, un vecchio e fascinoso compagno di liceo da sempre invaghito di lei, che adesso fa lo scrittore bohémien, provoca uno scossone nel mondo interiore della donna, che inizia a mettere in discussione la sua vita e a riscoprire antiche emozioni che credeva dimenticate. L'opus numero 51 della straordinaria e prolifica carriera di Woody Allen regista (invero composta da 50 lungometraggi più un episodio del film corale New York Stories del 1989) è un dramma sentimentale che vira nel thriller e nel noir, privo di momenti comici, ideato e scritto (come sempre) dallo stesso Allen, magnificamente fotografato da Vittorio Storaro (alla sua quinta collaborazione con l'autore newyorkese), ambientato a Parigi e girato (per la prima volta nella filmografia del regista) interamente in lingua francese. Diretto con stile asciutto e tocco essenziale, ben interpretato dai quattro attori principali (Lou de Laâge, Valérie Lemercier, Melvil Poupaud e Niels Schneider) e carico di atmosfere autunnali, è un piccolo compendio di temi alleniani, nuovamente rivisitati fedelmente alla coerente estetica dell'autore: la difficoltà dei rapporti di coppia, l'importanza fondamentale del caso nelle nostre vite, il conflitto tra ragione e sentimento e, ultimo ma non meno importante, il dark side della "bella società" declinato attraverso l'atavica formula "delitto e castigo". Pur in maniera meno evidente, Allen non rinuncia a citare altri suoi tipici marchi di fabbrica: l'amata New York da cui è stato costretto a "esiliare" cinematograficamente (evocata con nostalgico affetto nei racconti di Fanny e Alain), le nevrosi esistenziali e di coppia (tutte presenti nel personaggio di Fanny) o l'omaggio ad una delle sue "muse", Diane Keaton, su cui il personaggio di Aline (la diffidente e ficcanaso madre di Fanny) è chiaramente modellato. Quello che però manca del tutto è il lampo di genio, lo scatto inaspettato, la battuta fulminante o il climax drammatico o beffardo che ci ricorda perchè Allen è Allen e perchè viene unanimemente considerato come uno dei più grandi registi americani di sempre. Il film arriva al suo emblematico finale con geometrico fatalismo, procedendo in chiaroscuro senza particolari alti o bassi e risultando, in definitiva, meno ispirato e meno folgorante delle migliori opere di Allen, lasciando la netta sensazione di un tenue rimpasto d'autore più malinconico che arguto. Presentato in anteprima, fuori concorso, all'80° Festival di Venezia è stato accolto freddamente dalla critica d'oltre oceano (ormai quasi interamente ostile all'autore per i noti trascorsi giudiziari e scandalistici), ma decisamente meglio dal pubblico presente alla rassegna e dai critici europei. La "vecchia" Europa è ormai, da lungo tempo, il solido feudo culturale in cui Allen ha ricostruito l'ultima fase della sua carriera artistica, eternamente avversa a Hollywood ma con la "sua" amata New York sempre nel cuore.

Voto:
voto: 3/5

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