venerdì 8 settembre 2023

Quando Dio imparò a scrivere (Los renglones torcidos de Dios, 2022) di Oriol Paulo

Nel 1979 la giovane Alice Gould viene ricoverata in un ospedale psichiatrico per il suo stato di pericolosa paranoia, con l'accusa di aver tentato di uccidere suo marito. La lettera di presentazione redatta dal suo medico curante la descrive come una donna molto intelligente, scaltra, bipolare e abile nella manipolazione del prossimo. Alice non ci mette molto ad imporre la sua personalità all'interno della clinica, stabilendo rapporti privilegiati con altri pazienti e con membri del personale sanitario, ma trova sempre un suo scettico antagonista nel primario Samuel Alvar. Lei è convinta di essere una detective privata, ingaggiata da un potente uomo d'affari per indagare sulla misteriosa morte di suo figlio avvenuta tempo prima all'interno della clinica, e introdottasi nella struttura sotto mentite spoglie per scoprire la verità, agendo segretamente dall'interno. Ma le drammatiche esperienze che dovrà affrontare durante il suo ricovero metteranno più volte in discussione ogni cosa, rendendo incerto il confine tra realtà e immaginazione. Questo psico-thriller spagnolo di Oriol Paulo, tratto dal romanzo omonimo di Torcuato Luca de Tena, è un complesso giallo a incastro in bilico costante tra ragione e follia, mondo esteriore e mondo interiore, che strizza l'occhio al fantastico, flirta con l'horror e solletica le emozioni dello spettatore attraverso personaggi ambigui, atmosfere claustrofobiche, continui colpi di scena che ribaltano completamente la situazione ed un intreccio narrativo che, nel finale, diventa cervellotico. E' un mistery inquietante e affascinante, diretto con mano sapiente e stile elegante, forte della notevole interpretazione di Bárbara Lennie (praticamente perfetta nel ruolo della protagonista, enigmatica, ammaliante, tormentata e determinata) e di un cast di supporto di validissimi "comprimari" (tra cui spicca un imponente Eduard Fernández), che però deve scontare una scarsa originalità (le somiglianze con diversi film del passato di questo tipo si sprecano, ma evitiamo di citarli esplicitamente per non rovinare in alcun modo la visione) e alcune svolte della trama macchinosamente forzate, che, sommate alla lunghezza non banale della pellicola (154') potrebbero costringere lo spettatore a complicati "ripensamenti" in merito alla "risoluzione" della trama. Va però anche detto che uno dei twist è di grande effetto e lascia letteralmente di sasso anche il più esperto in materia di thriller deduttivi. Insomma alla fine non tutto quadra alla perfezione, ma quello che quadra è di ottima fattura e di fine suggestione. Il titolo (traducendo letteralmente l'originale, "le linee storte di Dio") si riferisce ad una frase pronunciata dal dottor Alvar, in cui traccia un significativo paragone tra la calligrafia del nostro ipotetico creatore e i malati di mente.

Voto:
voto: 3,5/5

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